Scontro totale, il segretario replica: chi polemizza aiuta i nemici. Altro che tregua in vista delle Amministrative di fine maggio: nella Lega Nord continuano a suonarsele di santa ragione.
E come già all’indomani della débâcle alle Politiche, il governatore Luca Zaia pare deciso a stare al centro del ring, facendo il controcanto al segretario nathional Flavio Tosi e dando linfa vitale alla guerriglia che si oppone al potere dilagante dei «barbari sognanti». Con l’intento (non dichiarato ma evidente) di costringere il leader federale Roberto Maroni a dire una volta per tutte da che parte sta.
Così è stato anche ieri, quando Zaia ha commentato con parole di fuoco la decisione di Tosi (ratificata dal consiglio «nazionale» di sabato) di commissariare la segreteria ribelle di Venezia: «Prendo atto ma non sono d’accordo e non penso sia una colpa, almeno finché in Lega ci sarà la democrazia. Non ho mai condiviso i commissariamenti, prova ne sia che è stato grazie ad un mio intervento che in passato è stato evitato quello di Verona, e non sono a capo né di fazioni né di correnti – ha continuato il governatore – ma mi chiedo: a chi può giovare un provvedimento del genere? Che senso ha una precisione tanto chirurgica nel colpire? Se si pensa che i risultati elettorali non siano stati adeguati, perché non si è fatta un’analisi a 360 gradi, andando a guardare quel che è successo in tutti i Comuni, ma proprio tutti?». Zaia ha quindi ripreso una metafora che già in passato aveva fatto strabuzzare gli occhi nel Carroccio: «Mi ero detto dispiaciuto perché nel mio partito assistevo allo scambio di prigionieri tra opposti schieramenti. Ebbene, qui si è andati oltre, siamo alle esecuzioni sulla pubblica via». Dove le vittime sono ovviamente gli «anti Tosi» veneziani e i carnefici gli uomini del segretario.
Il presidente della Regione ha ribadito bellicoso: «C’è chi dice di non andare sui giornali a far polemica ma sia chiaro, nessuno mi mette tappi in bocca». Poi ha dipanato i sussurri che si rincorrono su un possibile rimpasto-rappresaglia in giunta a Palazzo Balbi: «I rapporti con i miei assessori sono corretti ma non accetto che qualcuno possa abusare della sua posizione nell’amministrazione per fare politica e ricordo a tutti che la carica in giunta è fiduciaria, per cui se qualcuno non rispetta le regole ci metto un attimo a rivedere le posizioni, che oggi non sono in discussione». Zaia sembra avere nel mirino, in particolare, l’assessore alla Protezione civile Daniele Stival, che sabato ha definito «un cancro da estirpare» tutti coloro che non sono fedeli alla linea: «Mi inquietano e mi fanno rabbrividire certe parole. Io dissento, e allora? Vengano a dirmelo in faccia che sono un cancro e vediamo. Se venisse Stival, lo caccerei dalla giunta in due minuti».
Il governatore è tornato in chiusa, per la seconda volta, a chiedere l’intervento di Maroni in Veneto, («Non tanto per commissariare Tosi, quanto per stabilire una volta per tutte quale dev’essere il modus operandi, perché è evidente che così non si può andare avanti») ed ha rivelato: «Sabato l’ho chiamato io stesso e lui mi ha assicurato di non aver mai dato l’avallo al commissariamento di Venezia. Penso che a questo punto la vicenda debba essere chiarita dai vertici a Milano». Proprio a questo puntano i ribelli in laguna, che in queste ore lavorano su due fronti: in difesa, con la messa a punto del ricorso da presentare in via Bellerio (Maroni già intervenne con la sua moral suasion per bloccare il commissariamento di Roberto Marcato a Padova), ed all’attacco, con una raccolta firme tra i consiglieri regionali per chiedere la testa di Stival (o dell’assessore all’Ambiente Maurizio Conte, altro «tosiano»). L’assessore alla Protezione civile è sotto assedio: i dissidenti puntano anche alla sua revoca da commissario del Veneto Orientale, facendo leva sull’incompatibilità con il ruolo di consigliere regionale (lo stesso potrebbe valere per Paolo Tosato a Vicenza), e contro di lui c’è perfino chi medita una querela per diffamazione, sempre per la storia del «cancro».
Da Verona Tosi alza il fuoco di sbarramento: «Dov’erano coloro che polemizzano per il commissariamento di Venezia quando negli anni scorsi sono state commissariate Padova, Vicenza, Rovigo, Belluno, il Veneto Orientale e Verona? Tutti zitti e allineati a far carriera? Io stesso – ricorda il sindaco scaligero – ho subito nel 2003 un commissariamento nella mia provincia ma mi sono ben guardato da protestare o polemizzare su giornali, radio e televisioni, all’esterno del movimento. Oggi siamo in presenza non solo di un’oggettiva e grave difficoltà dovuta alle gestioni degli anni del “cerchio magico” ma anche di una polemica mediatica contro la Lega che trova, purtroppo, qualche sponda al nostro interno». E da via Bellerio un colonnello molto vicino a Maroni conferma la copertura totale del segretario federale al suo delfino veneto: «Flavio ha ragione quando ricorda che in passato vi furono altri commissariamenti, ma con l’Ancien Régime nessuno si azzardava a far polemica. Con il nuovo statuto la Lega non è più un partito federale ma con-federale, il che significa che i segretari nazionali, e i relativi consigli, godono della più ampia autonomia, ovviamente con le relative responsabilità. Bobo lascerà a Flavio la massima libertà e non interverrà sui provvedimenti disciplinari: il vero banco di prova, per lui, saranno le Amministrative».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 26 marzo 2013