Lombrichi inseriti nell’insalata per estorcere soldi. Condannate cliente ed ex dipendente dell’esercizio. Quanto può «costare » un piatto d’insalata che, tra i suoi ingredienti, include alcuni «lombrichi lunghi tra i sei e i sette centimetri »?
Quattromilacinquecento euro, avevano quantificato due donne (rispettivamente, una cliente del McDonald’s di Peschiera del Garda, l’altra all’epoca dei fatti dipendente dello stesso esercizio pubblico): tanto che risultò proprio tale la cifra che le due, stando alla sentenza pronunciata ieri dal giudice Marzio Bruno Guidorizzi, avrebbero cercato di ottenere dal gestore di quel McDonald’s ordendo e mettendo in atto nei suoi confronti un vero e proprio tentativo di estorsione. Già, perché sia secondo la ricostruzione tracciata dagli inquirenti che secondo quella fatta propria dal giudice, sarebbero state proprio le imputate – Raffaella Borgo ed Ermelinda Rettino – a inserire «agendo in concorso » quei vermi all’interno della pietanza ordinata nel locale. E così alle due, alla fine, quel famigerato – e tutt’altro che invitante – piatto d’insalata è costato ieri un totale di 13 anni di reclusione. Vale a dire, nello specifico, la pena di sei anni e sei mesi a testa. «E’ impossibile – ha sottolineato il giudice Guidorizzi in aula mentre scandiva le motivazioni del verdetto – che quei lombrichi fossero finiti casualmente all’interno del piatto».
E non è tutto, perché il magistrato ieri si è soffermato anche sui filmati, sulle testimonianze e sugli «strani» movimenti «vicino alla cella frigorifera » tenuti quel giorno dall’allora dipendente. Stando a quanto emerso nel corso del processo, infatti, ad aggiungere i vermi tra gli ingredienti di quella che avrebbe dovuto essere la pietanza più salutare preparata nel locale, sarebbe stata una (ormai ex) dipendente. Quest’ultima, in base all’accusa, avrebbe infatti inserito «del tutto intenzionalmente» quei repellenti vermi all’interno del piatto di verdura cruda ordinato da una cliente che, poi, avrebbe a sua volta tentato di estorcere quasi cinquemila euro (nel capo d’imputazione, per l’esattezza, la cifra viene quantificata in 4.500 euro) al gestore dell’esercizio teatro della tutt’altro che succulenta scoperta, il McDonald’s di Peschiera del Garda.
Difese nel corso del procedimento dagli avvocati di fiducia Maurizio Milan ed Alessandra Cuoghi, le due donne secondo l’accusa si conoscevano peraltro da tempo, grazie anche al rapporto d’amicizia tra le rispettive figlia e nipote: quel 12 maggio 2012, stando sempre alla tesi del pm, le presunte dipendente «infedele» e cliente «furbetta » avrebbero infatti agito in totale e premeditata comunione d’intenti. Peccato però che il gestore, parte civile all’ex Mastino con l’avvocato Katia Gaspari, dopo aver finto di accettare il «ricatto» e sborsare quei 4.500 euro per evitare guai, l’uomo avrebbe raccontato tutto ai carabinieri che si sarebbero presentati all’incontro cogliendo sul fatto e denunciando all’istante le «furbette ». E alle due, ieri, a presentare il conto è stato il giudice. Senza sconti.
Corriere del Veneto – 25 aprile 2013