La Corte: Roma non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire alle persone con handicap un percorso professionale
MILANO – Italia bocciata per l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro. In una sentenza emessa giovedì, la Corte di Giustizia europea stabilisce che il nostro Paese non ha applicato in modo completo i principi europeo in materia di diritto al lavoro per le persone con handicap e invita governo e Parlamento a porre rimedio al più presto a tale mancanza.
L’ITER – La condanna della Corte segue una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea con cui Bruxelles lamentava che «le garanzie e le agevolazioni previste a favore dei disabili in materia di occupazione dalla normativa italiana non riguardano tutti i disabili, tutti i datori di lavoro e tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro». Inoltre, l’attuazione dei provvedimenti legislativi è stata affidata all’adozione di misure ulteriori da parte delle autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e pertanto non conferisce ai disabili diritti azionabili direttamente in giudizio. La Corte ha confermato l’impianto accusatorio della Commissione, che aveva concluso la propria pratica con il deferimento alla Corte di Giustizia. Se l’Italia non si adeguerà, la Commissione potrebbe avviare una nuova procedura di infrazione, che potrebbe concludersi con pesanti multe.
I PUNTI – In particolare, si legge nella sentenza, l’Italia «è venuta meno agli obblighi» derivanti dal diritto comunitario a causa di un recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto dalla direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Una norma con la quale è stato stabilito un quadro generale di riferimento per la lotta alla discriminazioni delle persone diversamente abili. La Corte ha stabilito che gli Stati membri devono prevedere l’obbligo, per i datori di lavoro, di adottare provvedimenti efficaci e pratici (sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti) in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza tuttavia imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.
MISURE – Dopo aver esaminato le varie misure adottate dall’Italia per l’inserimento professionale dei disabili la Corte ha concluso che tali misure, anche se valutate nel loro complesso, non impongono a tutti i datori di lavoro l’adozione di provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti delle condizioni di lavoro e consentano loro di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione.
Corriere.it – 4 luglio 2013