BERLINO — Il nome l’hanno già trovato: «Veggie Day». Il resto potrebbe succedere dopo le elezioni tedesche di settembre. Se i verdi andranno al governo, promettono di istituire — scritto tra i punti del programma — la «giornata vegetariana».
Un giorno in cui — un po’ come i venerdì delle campagne cattoliche delle nostre nonne — la carne sarà bandita dalle mense degli uffici pubblici e delle scuole tedesche. L’obiettivo dichiarato è di ridurre il consumo della carne, che vede la Germania tra i maggiori consumatori d’Europa, con 98 chili di carne a testa all’anno.
«Un Veggie Day è una giornata fantastica per provare come ce la possiamo cavare senza salsicce — dice Renate Kunast, il capogruppo verde —. Cucinare vegetariano è molto di più che lasciare da parte la carne». Non a caso la Germania, patria del più grande partito ecologista d’Europa, è da anni un supermarket mondiale del bio. Ci sono mercatini bio, caffè bio, ristoranti bio, anche la Bionade — una bibita gassata naturale nei sapori di varia frutta esotica —, che anni fa insidiò il primato di vendite della Coca Cola.
L’obiettivo dei verdi è duplice. Da una parte, un’alimentazione più sana, che protegga l’uomo dalle malattie cardiovascolari, obesità e altro. Dall’altra, si mira a proteggere l’ambiente. Gli animali da pascolo, infatti, sono visti dagli ecologisti come uno dei responsabili del cambiamento climatico. La logica del «giorno senza carne», in fondo, è simile a quella che ha portato il padrone di Google, Sergey Brin, a finanziare il primo hamburger prodotto in laboratorio e mangiato ieri a Londra: un’ideologia, quella del vegetarismo consapevole o anche radicale, che ha molti adepti tra i geni tecnologici della Silicon Valley.
Il ragionamento degli anti-carne è lineare. Il 30 per cento della superficie sfruttabile della Terra è coperta da pascoli, contro il 4% usato dall’agricoltura. Non solo. La biomassa prodotta dagli animali è doppia rispetto a quella creata dagli uomini, ed è responsabile del 5% delle emissioni di diossido di carbonio e del 40% del metano — un gas serra ben più pericoloso. Inoltre, se i consumi di carne dei Paesi emergenti (Cina e India, in primo luogo) cresceranno con i trend attuali, nel 2050 gli animali da pascolo produrranno emissioni pari a metà del traffico stradale e aereo. Una tendenza che — credono anche i verdi tedeschi — bisogna cominciare a contenere.
E il «Veggie Day»? In Germania ha scatenato una valanga di reazioni, finendo tra gli argomenti del giorno di Twitter, e intasando le community dei giornali, dalla Zeit a Handelsblatt. A leggerle, però — «lo Stato vuole spiarmi anche nel piatto?» o «sono quasi vegetariano, ma non se me lo ordina lo Stato» — l’idea dei verdi (con diversi esponenti politici costretti ieri a spiegarsi o a precisare) più che adepti ha trovati contestatori. In rivolta non solo contro la «dittatura dei vegetariani», ma anche contro l’idea stessa di uno Stato (etico) che, fin nella composizione del menù, si prende attivamente cura — con una serie di prescrizioni — del benessere dei cittadini. L’idea che, per capirci, manda in bestia Giuliano Ferrara, ma che dalla Francia (dove lo Stato ha aumentato le tasse sulla Coca Cola) a New York (dove il sindaco Bloomberg, per una serie di iniziative come la proibizione delle bottiglie di bibite da 2 litri nei ristoranti è stato soprannominato «la Balia»), viene in più modi sperimentata. Non foss’altro, ed è l’approccio inglese, perché l’obesità pesa sulla sanità e sullo Stato sociale.
I verdi tedeschi dicono: «È bene per tutti mangiare più sano». Nel 2011 ci provarono già. A Stoccarda, capitale dell’auto e loro roccaforte. Ma l’opposizione dei dipendenti pubblici fu tale che il decreto, già scritto, venne ritirato.
Mara Gergolet – Corriere della Sera – 6 agosto 2013