Sappiamo tutto sullo stato di salute degli animali da allevamento mentre sulle malattie degli animali da compagnia le informazioni sono molto scarse. Eppure il contatto con cani e gatti, ma anche canarini, criceti e pesci è praticamente quotidiano, oltretutto tra le mura domestiche.
Per colmare questo vuoto e dare un contributo alla ricerca sulle patologie trasmesse dall’animale a all’uomo, l’Università di Padova ha messo a punto il progetto biennale dedicato appunto a monitorare lo stato di salute degli amici a quattro zampe.
«One health-One medicine» iniziativa del Dipartimento di medicina animale dell’Università padovana finanziata dalla Regione, si propone di costruire una banca dati regionale delle patologie diagnosticate negli animali domestici presenti in Veneto, mettendo in rete gli ambulatori veterinari, in modo da valutare l’effettiva diffusione delle malattie. Alla costruzione e allo sviluppo del database partecipa il Dipartimento di ingegneria dell’informazione. I primi animali da compagnia ad essere monitorati saranno i più diffusi, quindi i cani e i gatti, ma l’intenzione è quella di coinvolgere anche le altre specie che vivono fra le mura domestiche. «Molte malattie trasmesse dall’animale all’uomo vanno incontro a mutazioni per le quali non ci sono vaccini subito disponibili», ricorda Roberto Busetto, docente del dipartimento di Medicina Animale «pertanto una ricerca capillare ci permette una maggiore sorveglianza epidemiologica. Pensiamo a quanto sono importanti gli studi su malattie con l’influenza aviaria o il virus West Nile che possono trasmettersi all’uomo. Sarà molto importante il coinvolgimento dei veterinari per raccogliere il maggior numero di informazioni».
Il professor Marco Martini ricorda che «Il settantacinque per cento della malattie emergenti sono zoonosi, trasmesse cioè dagli animali, e quasi tutte le malattie hanno comunque origine dal serbatoio animale. I nostri animali da compagnia possono essere delle “sentinelle” per valutare gli effetti dell’esposizione a fattori di rischio. Di recente anche gli scienziati statunitensi si sono posti lo stesso problema e la comunità scientifica, per compiere passi avanti, ha bisogno di questa ricerca».
Il Mattino di Padova – 19 ottobre 2013