Il progetto di legge di Toniolo e Tesserin presentato in prima commissione. Caro presidente, non si può. Se Luca Zaia ha indicato senza esitazione nell’indipendenza del Veneto per via referendaria («democratica e giuridica», l’ha definita il governatore) l’obiettivo prioritario per la sua amministrazione, i suoi alleati nella maggioranza regionale si preparano a imboccare un’altra strada.
Perché quella indipendentista, semplicemente, è irrealizzabile. Se non per via rivoluzionaria, s’intende.
È tutto scritto nella relazione di un progetto di legge firmato da Carlo Alberto Tesserin e Costantino Toniolo, cioè i due uomini del Pdl-Nuovo Centrodestra che presiedono alle materie istituzionali e statutarie. Parlando del referendum sull’autodeterminazione del Veneto che Zaia ha ribadito di voler celebrare (vedi Corriere Veneto di ieri), Tesserin e Toniolo mettono in chiaro: «Come è emerso nella discussione all’interno della commissione di giuristi istituita dalla Regione, né lo Statuto del Veneto né la Costituzione consentono l’indizione di un referendum per l’indipendenza». Punto.
Questo, all’atto pratico, significa che il progetto del suddetto referendum ha possibilità vicine allo zero di essere riesumato dal limbo in cui è stato rispedito dal consiglio regionale.
La strada alternativa, individuata nel progetto di legge Tesserin-Toniolo, è altrettanto impervia e accidentata ma, almeno nella formulazione dei promotori, ha un pregio: non propone nulla di eversivo dell’ordine costituzionale e chiede per il Veneto prerogative e poteri che in Italia esistono già (ma sono riservati alle regioni o province a statuto speciale). «Il punto è che noi – spiega Carlo Alberto Tesserin, presidente della commissione Statuto – condividiamo le ragioni da cui parte Zaia: il sistema è diventato insostenibile e il Veneto rischia di rimanere soffocato dalle eccessive sperequazioni tra regioni diverse. Detto questo, noi andiamo anche oltre l’obiettivo indicato da Zaia. Proponiamo, cioè, che il governatore negozi con lo Stato centrale un referendum finalizzato non all’indipendenza, che è impossibile, bensì a consultare la volontà dei veneti sulle maggiori forme di autonomia che la nostra regione dovrebbe conseguire».
Negoziare (con il potere centrale) è la parola chiave. L’alternativa, l’unica, sarebbe portare in piazza la gente e prendersi l’autonomia, o addirittura l’indipendenza, con la forza. Il progetto del Pdl-Nuovo Centrodestra immagina invece un referendum, possibilmente concordato con il governo (ma, trascorsi inutilmente 120 giorni, il presidente della Regione è autorizzato a procedere comunque), che ponga ai veneti queste domande: 1) Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? 2) Vuoi che una percentuale non inferiore all’80% dei tributi pagati ogni anno dai cittadini veneti venga utilizzata nel territorio regionale in termini di beni e servizi? 3) Vuoi che la Regione mantenga almeno l’80% dei tributi riscossi sul territorio regionale? 4) Vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a Statuto speciale?
Detto che, se mai un referendum simile dovesse tenersi, probabilmente non si troverebbe un solo veneto capace di intendere e volere che risponderebbe di no a quei quattro quesiti, rimane da definire una questioncella: cosa si fa dopo? Dopo, cioè, che i veneti avranno espresso a maggioranza la loro volontà? Si negozia, ancora e sempre, con lo Stato centrale, un percorso legislativo che riconosca al Veneto le ulteriori forme di autonomia richieste dalla volontà popolare.
«È una strada tutta in salita, lo sappiamo bene, ma ci sembra l’unica praticabile», riconosce Tesserin. Altrimenti, rimangono i forconi.
Alessandro Zuin – Corriere del Veneto – 19 dicembre 2013