Cure all’estero a portata di mano per i cittadini comunitari: il via libera del Consiglio dei ministri, arrivato ieri sul filo di lana (la delega scadeva il 4 marzo), dà il via a quella « Schengen sanitaria » che permetterà ai pazienti Ue di spostarsi per ricevere un’assistenza di qualità in altri paesi. Con paletti e regole ben precise, in parte ancora da fissare.
Anche perché il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/24/Ue – e della 2012/52/Ue che agevola il riconoscimento delle ricette emesse in un altro stato membro – varato dall’esecutivo Renzi insieme ai Dlgs sulla sperimentazione animale e la farmacovigilanza – mette in piedi un’articolata architettura basata su autorizzazioni preventive, tariffe, rimborsi. Con tre premesse: la possibilità di accedere solo alle cure inserite nei Livelli essenziali di assistenza (Lea); la possibilità di ricevere solo un rimborso indiretto, dopo aver pagato di tasca propria; l’obbligatorietà del rimborso limitata alle cure in ambito Ssn. Restano esclusi dal campo di applicazione della direttiva i servizi “long term care”, i trapianti e i programmi pubblici di vaccinazione.
Il decreto – che secondo le parole della titolare della Salute Beatrice Lorenzin – «rivoluzionerà il sistema di welfare non solo italiano ma europeo» perché «per la prima volta ci si occupa delle persone, dal punto di vista sanitario», va ancora in parte riempito di contenuti. A cominciare da quel “punto di contatto nazionale” che sarà accessibile dal portale del ministero e che – ha promesso ancora Lorenzin – l’Italia sarà tra i primi Paesi ad attivare». Qui i cittadini troveranno le informazioni necessarie su strutture, criteri di rimborso, tariffe e autorizzazioni preventive. Il provvedimento prevede infatti che una serie di prestazioni – da individuare in Conferenza Stato-Regioni entro 60 giorni dalla pubblicazione del Dlgs – sia da sottoporre al via libera dell’Asl di competenza.
I paletti, dunque, non mancano: «All’interno della direttiva – ha spiegato la stessa ministro – i singoli Stati hanno fatto proprie alcune possibilità. L’Italia ha recepito la possibilità di mettere delle limitazioni, che non vanno contro la libertà del cittadino di potersi spostare», ma «rispondono a determinati parametri». Relativi, ad esempio, al costo della prestazione o all’esigenza di contingentare la fuoriuscita di pazienti italiani e l’accesso in Italia di pazienti stranieri per «motivi imperanti di interesse generale», per esigenze di programmazione o per evitare sprechi di risorse finanziarie, tecniche e umane.
I punti di contatto nazionali svolgeranno un ruolo chiave anche nella creazione delle reti di riferimento europee che garantiranno una serie di vantaggi: un network per lo scambio di competenze e risultati; uno stimolo a formazione e ricerca; la promozione di economie di scala; l’accelerazione su temi cruciali come le malattie rare. «Tutto informatizzato e reso trasparente – ha garantito Lorenzin – attraverso il sito del ministero. Cambia il modo di concepire il sistema sanitario: proporremo a livello internazionale le nostre eccellenze».
Le altre direttive recepite. Palazzo Chigi ieri ha dato il via libera anche ai Dlgs attuativi delle direttive su farmacovigilanza e sperimentazioni animali. Il primo (che recepisce la direttiva 2012/26/Ce), punta a garantire più trasparenza ed efficienza nei casi in cui siano stati individuati problemi di sicurezza legati all’uso dei medicinali. Il secondo (in attuazione della direttiva 2010/63/Ce) punta a una maggiore tutela degli animali usati a fini scientifici: scattano quindi norme che mirano alla sostituzione e alla riduzione dell’uso di animali nelle diverse procedure e al miglioramento dei metodi di allevamento, sistemazione, cura e uso, nonché norme relative alla loro origine, marcatura, cura, sistemazione e soppressione.
Il Sole 24 Ore – 1 marzo 2014