«Sono stato quattro giorni in una struttura fatiscente, un unico bagno per tutto il reparto, cibo da ospedale come tutti: riso in bianco, minestrina con lo stracchino, brodo… Passare pure per il simbolo della Casta mi fa un po’ girare i c…». Antonio De Poli, senatore dell’Udc (del gruppo «Per l’Italia»), classe ‘60, vicentino, residente in provincia di Padova, è il parlamentare che — dall’altro giorno — è al centro di un «giallo».
A giugno, infatti, De Poli è stato ricoverato all’Umberto I, Policlinico universitario della Sapienza, per «una polmonite virale, con affaticamento respiratorio». Ma, secondo il racconto di una studentessa di infermieristica, tirocinante al Policlinico, il senatore avrebbe avuto un trattamento privilegiato. La ragazza, Roberta Cristofani, ci ha pensato su un paio di mesi e poi ha postato su Facebook una lettera indirizzata al primario di Medicina interna, Francesco Violi: «Una sera — scrive Roberta — ho notato una certa agitazione nel personale. Due pazienti sono stati spostati in stanze con altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. “Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario”». E ancora: «Caro professore, mi sento profondamente offesa. Il paziente per me è semplicemente una persona. Cosa mi importa che nella vita faccia lo spazzino, il salumiere, l’insegnante o il senatore?».
Una lettera durissima, alla quale la direzione generale dell’Umberto I (che annuncia azioni legali) replica: «La struttura ospedaliera deve garantire, anche in considerazione di specifiche patologie, la privacy e la sicurezza dei pazienti. Nessun favoritismo ma il medesimo trattamento anche quando si tratta di personaggi pubblici incaricati di particolari funzioni».
Cercando di ricostruire. De Poli, a giugno, si sente male: «Avevo la febbre alta, ero affaticato», racconta. Va in Senato («a svolgere il mio lavoro») e si fa visitare dall’infermeria di palazzo Madama che lo «spedisce» a fare degli accertamenti in un laboratorio. Esce fuori che i valori sono tutti sballati e che il senatore udc deve ricoverarsi. Dove? De Poli spiega: «Sarei potuto andare in una clinica privata, visto che abbiamo anche l’assicurazione. Ma io sono per la sanità pubblica».
Dal responsabile medico del Senato, allora, De Poli si fa portare all’Umberto I dove passa per il Pronto soccorso. Da lì al reparto, la strada è breve: «Mi hanno diagnosticato una polmonite virale molto estesa, che andava aggredita subito». Il senatore, dice, sarebbe anche tornato a casa, per farsi ricoverare a Cittadella, ma al Policlinico gli hanno detto di no: «In queste condizioni non è prudente affrontare il viaggio in treno». E il primario Violi? «Non lo conoscevo, l’ho visto per la prima volta quando mi ha visitato due giorni dopo il ricovero». Magari aveva contatti col dg Domenico Alessio: «De Poli? Lo conosco, come tanti altri. È venuto da noi autonomamente, le precauzioni prese erano legate alla sua patologia», spiega il direttore. E la stanza singola, lo spostamento degli altri pazienti? De Poli non ci sta: «Dalle mie parti si dice beco e bastonato … Senza aria condizionata, in un reparto che in Veneto si poteva vedere 30 anni fa, un ospedale vecchissimo. Se avessi voluto fare quello della Casta avrei almeno chiesto il bagno in camera, o no?».
Ernesto Menicucci – Corriere del Veneto – 13 agosto 2014