La Cassazione ha cancellato la precdente sentenza nei confronti dell’assessore regionale Marialuisa «Isi» Coppola, rinviando nuovamente alla Corte d’appello lagunare il caso per un nuovo giudizio, «che dovrà adeguarsi alle indicazioni» dei giudici romani della prima sezione civile.
La Corte d’appello di Venezia l’aveva condannata a pagare una sanzione amministrativa di settemila euro per non aver dichiarato un contributo elettorale di 985 euro, tra l’altro ricevuto da una fondazione presieduta dall’avvocato Paola Malasoma che l’ha difesa nei vari gradi di questo giudizio. Ma nei giorni scorsi la Corte di Cassazione, ha cancellato quella sentenza nei confronti dell’assessore regionale Marialuisa «Isi» Coppola, rinviando nuovamente alla Corte d’appello lagunare il caso per un nuovo giudizio, «che dovrà adeguarsi alle indicazioni» dei giudici romani della prima sezione civile.
La Cassazione, infatti, ha accolto i motivi d’appello dell’avvocato Mariagrazia Romeo, presentati per conto di un elettore di Rovigo, Luca Rossetto (sostenitore di un altro candidato dello stesso partito della Coppola, l’ex assessore Renzo Marangon). Il legale veneziano aveva fin dall’inizio puntato alla decadenza dalla carica elettiva della Coppola sulla base della documentazione presentata da Rossetto, il quale sosteneva che l’attuale assessore regionale allo sviluppo economico, pur dichiarando di aver speso per la sua campagna elettorale del 2010 poco più di 39 mila euro (meno dei 40 mila previsti come tetto massimo dalla legge), in realtà ne avrebbe sborsati circa 255 mila.
Contestando la sentenza della Corte d’appello veneziana, l’avvocato Romeo nel suo ricorso sostiene di aver descritto analiticamente le iniziative non dichiarate della Coppola riferibili alla sua campagna elettorale e di aver fornito un principio di prova che i contributi superavano ampiamente il tetto previsto. Inoltre, afferma che i giudici veneziani avrebbero violato il principio dell’onere della prova per non aver accolto la sua richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio per determinare gli importi delle spese elettorali.
I giudici della Cassazione nella loro sentenza ricordano che la norma in questione ha «lo scopo di assicurare trasparenza sulle fonti di finanziamento dei candidati nelle campagne elettorali». Sostengono che la norma impone l’obbligo del rendiconto delle spese al candidato, ma sottolineano che la sentenza dei giudici veneziani «ha posto a carico di Rossetto l’onere di provare che le iniziative elettorali furono realizzate mediante spese sostenute direttamente dalla Coppola». Per la Cassazione, Rossetto «aveva analiticamente indicato le attività e le iniziative elettorali della Coppola con relativi costi presumibili, per importi ben superiori a quelli dichiarati…aveva offerto un principio di prova sufficiente a far scattare l’onere probatorio contrario in capo alla Coppola, la quale avrebbe dovuto dimostrare la sua estraneità a quelle iniziative».
I giudici romani per tutto questo hanno rinviato alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, il caso. E l’assessore Coppola afferma: «Corre precisare che il provvedimento ha il solo effetto di rinviare nuovamente alla Corte veneziana al fine di avviare un nuovo procedimento».
La Nuova Venezia – 11 agosto 2012