Ieri Giuseppe Remuzzi primario di nefrologia e dialisi agli Ospedali Riuniti di Bergamo, sul Corriere della Sera ha coraggiosamente ammesso che i test per accedere alla facoltà di Medicina «forse non li avrebbe passati». Il medico, autore di 800 pubblicazioni scientifiche, ha raccontato «di aver commesso almeno 15 errori» e ha polemicamente sottolineato come nei test sottoposti per le esercitazioni agli studenti non ci siano domande per capire «se il futuro medico saprà parlare agli ammalati e stargli vicino, e nemmeno una domanda d’inglese».
Un sasso lanciato nel mare della Rete che ha scatenato il dibattito sia sul sito Corriere.it sia sui social network. «Anch’io sono stato primario di un reparto di medicina fino a quattro anni fa — scrive Giancarlo Bellogini — e certo se ai miei tempi, ci fosse stato il “test di ingresso” non avrei superato l’esame: troppo cervellotico. Quando, invece, mi sono iscritto al primo anno della scuola di specialità in Medicina interna, ho dovuto superare una prova scritta (domande a risposte multiple): ma quelle erano tutte domande relative ad argomenti— anche se non conosciutissimi — di Medicina. Ho però sempre preferito i colloqui, che mi paiono l’unico modo per capire se e quanto un candidato è capace di ragionare su un argomento attinente al suo campo di studi». I «camici bianchi» non mandano proprio giù questo sistema. «Sono un medico con esperienza ventennale in ospedale — sottolinea Devigly — e attualmente medico di base. Ogni anno faccio da tutor a medici neolaureati e a studenti del VI anno di medicina. Questa esperienza, assieme al contatto con gli specialisti di ogni disciplina, mi ha dato conferma dell’assurdità dei test per l’ingresso alla facoltà: l’iscrizione dovrebbe essere libera e la selezione dovrebbe essere fatta con gli esami! Non esiste, a priori, un metodo discriminante: è sul campo (esami) che si vede la capacità e l’eventuale talento.
Tutto dipende dai docenti: sono loro a dovere selezionare». Su Twitter, contro il vittimismo dei candidati, cinguetta @IlMassiimo: «All’estero il 99% di quelli che si lamentano di non aver passato il test non avrebbe nemmeno i requisiti per iscriversi a medicina». Gli fa eco LeoSal: «Alle elementari è impossibile bocciare, alle medie non si fa torto a nessuno, alle superiori si da il diploma a tutti e poi, in un giorno di settembre, ci accorgiamo che non possiamo diventare tutti medici.. mah?!». Per coloro i quali ritengono cervellotiche le domande dei test d’ammissione alla facoltà Medicina interviene @Etenevaivia: «Nel mio test per logopedia c’era la domanda: che cos’è un ferro da stiro? ». Mal comune, mezzo gaudio.
Corriere.it – 30 agosto 2012