Meno 40% della produzione. In Veneto danni per 750 milioni. Marco Aurelio Pasti, Associazione maiscoltori: «Situazione preoccupante»
Siccità e aflatossine, a rischio il 40% della produzione veneta e veronese: Marco Aurelio Pasti, veronese, presidente del´Assiciazione maiscoltori italiani di Confagricoltura, usa il termine “preoccupante” per fotografare la situazione. Preoccupante perché «la siccità e la verificata contaminazione da aflatossine, le micotossine più tossiche, rischiano di far perdere almeno il 40% del prodotto Veneto ed il 35% di quello nazionale, e con la quantità una perdita economica che su piano nazionale può tradursi in un danno da 750 milioni. Almeno perché queste sono le stime delle conseguenze della siccità: solo tra una ventina di giorni potremo concretamente ragionare sul danno da aflatossine».
Verona, quinta provincia veneta per produzione, non è esclusa: bisognerà attendere però per capire come stiano esattamente le cose sui 33 mila ettari coltivati che garantiscono una produzione annua pari a 296 mila tonnellate ad un fatturato (ai prezzi di base) di 66 milioni e 837 mila euro.
«L´andamento stagionale è stato straordinario. Purtroppo la siccità è la condizione ottimale per lo sviluppo del fungo, e purtroppo i primi dati ne attestano la presenza», dice Pasti. L´allarme dei produttori lo aveva sentito il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, seguito dall´assessore regionale all´Agricoltura Franco Manzato. Di qui la convocazione di un tavolo ioperativo che ha costituito un gruppo di lavoro chiamato ad elaborare «un provvedimento per un monitoraggio puntuale mediante
campionamento. La procedura verrà avviata dalla Regione stessa sul prodotto in commercio dal momento dell´essicazione», ha detto Manzato, tuttavia «la situazione è sotto controllo».
La questione è molto delicata perché di mezzo c´è tutta la filiera, quella dell´alimentazione umana, quella delle vacche da latte, quella bovina, «quest´ultima decisamente più tollerante alla micosi», spiega Pasti, «cioè più resistente al trasferimento a uova e carne». Il problema è scovarle le aflatossine, e monitorarle: «Si ragiona su limiti molto bassi, parti per miliardo: ecco perchè non è possibile avere oggi qualche dato concreto
L’Arena – 1 settembre 2012