Valentina Conte, la Repubblica. «Non abbiamo rinunciato ad abolire la legge Fornero: ci stiamo avvicinando», dice Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro. «Faremo una riforma delle pensioni per un decennio, incentivando a restare al lavoro nei settori in cui c’è bisogno. E favorendo l’uscita con 41 anni di contributi negli altri».
Sottosegretario, è più difficile riformare le pensioni o trovare la quadra politica sulle candidature?
«Il centrodestra ha sempre trovato la quadra. E così sarà anche stavolta. Sulle pensioni sarà un anno chiave».
Preferite Solinas in Sardegna o il terzo mandato?
«Le due cose non vanno insieme. In Sardegna sarebbe un peccato presentarsi separati: Solinas è un ottimo candidato. Sul terzo mandato non capisco perché in alcuni casi non conta, come per il Parlamento. In altri invece, quando sceglie l’elettore con le preferenze, c’è il vincolo. O ci crediamo o no».
La premier Meloni dice che questo è l’anno giusto per una riforma delle pensioni. Come sarà?
«Sostenibile per i conti e per il mercato del lavoro, flessibile e duratura. Non esistono riforme per sempre. Puntiamo a indirizzare i prossimi dieci anni. Faremo Quota 41, il cavallo di battaglia della Lega».
Anche l’abolizione della legge Fornero lo era. Pentiti di averlo promesso?
«Rimane il nostro obiettivo politico. Una legge entrata in vigore dal giorno alla notte che ha creato esodati e intaccato i diritti dei lavoratori. Per cancellarla servirebbero enormi risorse. L’abbiamo corretta con le salvaguardie e svuotando i bacini con le Quote. Con la riforma che faremo e con il peso via via minore delle pensioni retributive, anche quella legge morirà».
Non perché l’avete abolita, però.
Quota 41 non cancella l’età di vecchiaia a 67 anni che cresce con l’aspettativa di vita.
«Il tema dell’aspettativa di vita va valutato con attenzione. Noi della Lega l’abbiamo già bloccata una volta. Intanto mettiamo in campo Quota 41 con il ricalcolo contributivo come possibilità di scelta».
Quindi con un taglio. Non era la proposta originaria della Lega.
«Falso. È sempre stata questa. Il taglio ora sarà minimo, perché nel tempo la porzione retributiva da ricalcolare è sempre più piccola».
Quanti lavoratori arrivano a 41 anni di contributi? Non i giovani.
«La flessibilità previdenziale non si può pensare sotto i 41 anni di versamenti. Aiuteremo i giovani e le imprese a coprire buchi di carriera e recuperare gli anni della formazione con incentivi. Promuoveremo anche la previdenza integrativa. L’urgenza vera è ilmismatch , le imprese che cercano profili e non li trovano».
La riforma delle pensioni diventa una riforma del lavoro?
«Abbiamo oltre mezzo milione di posti non coperti. Nei settori, come la sanità, in cui c’è carenza di manodopera dobbiamo incentivare le persone a restare».
Per coprire il taglio ai medici avete inventato Quota 46. Altro che uscire prima.
«Ma quello è un settore con criticità evidenti. C’è stata nel tempo miopia dei governi. È d’obbligo quindi offrire premi alla permanenza».
Nei primi mesi dell’anno scorso avete fatto 5 tavoli sulle pensioni. Poi il nulla.
«Quei tavoli sono stati utili. Passeremo all’operatività sapendo che sindacati e imprese vogliono cose diverse. I primi: Quota 41. I datori: lasciare tutto così».
Non sarà facile riprendere il dialogo dopo la manovra. Tutte le forme anticipate sono state penalizzate: Quota 103, Opzione donna, Ape sociale. Avete tagliato ancora l’indicizzazione all’inflazione. E reso impossibile la pensione dei Millennials a 64 anni, se non ai ricchi.
«Non era quella la manovra che riforma le pensioni. Abbiamo deciso di mettere ben 10 miliardi sui salari bassi. Sulla pensione a 64 anni dei contributivi puri però possiamo riparlarne. Come sull’indicizzazione. Una riforma delle pensioni deve avere una concertazione forte».
Dal primo gennaio 2025 si torna agli scaglioni Draghi, più favorevoli. Farete un’altra stretta?
«Dovremo ripensare l’indice di rivalutazione. Tutti i governi hanno rivisto il meccanismo. E poi gli aumenti sono stati pieni per le pensioni basse che hanno sofferto l’inflazione. Lavoreremo anche per separare la spesa per l’assistenza dalla spesa per previdenza».
L’obiettivo di dimezzare la platea del Reddito di cittadinanza pare compiuto, da un milione a mezzo milione di famiglie. Soddisfatti?
«Si tratta in maggioranza di uscite volontarie dalle due nuove misure. Solo in minima parte per i nuovi requisiti. Prima i soldi erano dati a pioggia: un errore. In molti si sono ricollocati. Altri si rimetteranno in gioco e torneranno al lavoro».
Il 10 giugno, a urne europee chiuse, avremo un altro governo con FdI egemone?
«Non credo. Vedo un’unione forte nella maggioranza. Sarà certo motivo di verifica. Ma questo è un governo politico che non nasce da un contratto. Durerà molto. Credo nel rapporto solido, più di quanto si racconti, tra Meloni e Salvini».