di Paolo Russo. Statali, è tempo di migrare. La spending review rischia infatti di far fare le valigie a 16 mila dipendenti pubblici in esubero che potrebbero essere obbligati a trasferirsi ad altro ufficio, magari fuori città, mentre altri 8 mila travet in sovrannumero e più in la negli anni verrebbero accompagnati alla pensione. Nella sessantaquattresima slide delle 72 messe a punto dal commissario per i tagli alla spesa, Carlo Cottarelli, in realtà gli esuberi dei travet sono molti di più, ben 85 mila. Cifre disconosciute da Palazzo Chigi e dal Ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. A via XX Settembre in effetti girano altri numeri, frutto di una ricognizione più prudenziale, fatta a suo tempo dagli stessi tecnici dello staff di Cottarelli. Numeri che parlano di 24 mila esuberi, sanità esclusa.
Lo stesso commissario ieri si è affrettato a precisare infatti che quella degli 85 mila esuberi «è una prima stima di massima che va affinata». «Farò ulteriori lavori», ha assicurato riferendosi all’esercito dei quasi tre milioni di pubblici dipendenti. Anche se la sua task force una buona parte della fatica se l’è già risparmiata grazie alla ricognizione della Funzione pubblica, che lo scorso anno aveva individuato il personale in eccesso nei Ministeri, mentre per gli altri dipendenti pubblici, escluse le Regioni, il censimento lo aveva fatto l’Economia. Una fotografia che evidenziava uffici a corto di personale e altri in sovrannumero. Con dati sulla mobilità volontaria a dir poco sconfortanti: nel 2011 solo un impiegato su mille aveva cambiato amministrazione, mentre uno su cento si era limitato a trasferirsi da un ufficio all’altro senza cambiare datore di lavoro.
Un immobilismo che genera inefficienza nella macchina della pubblica amministrazione e quindi costi, che Cottarelli vorrebbe tagliare rendendo obbligatorio quel che prima era volontario. Il meccanismo sarebbe questo. Chi è in là con gli anni, circa 8 mila dipendenti, verrebbe accompagnato alla pensione anticipatamente. Gli altri 16 mila esuberi entrerebbero in «mobilità forzata», comunque in uffici collocati all’interno della propria regione di residenza. Chi non accetta il trasloco resterebbe per due anni con lo stipendio decurtato del 20 o 50% in attesa di trovare un altro datore di lavoro. Poi a casa. Un rischio per 5 mila ministeriali in esubero e altri 11 mila degli enti territoriali. Nel dettaglio i pericoli maggiori li correrebbero soprattutto i dipendenti Inps (3.300 esuberi tra impiegati e dirigenti), quelli dei ministeri del Lavoro, dello Sviluppo, di Agricoltura, Difesa, Ambiente, Salute e Infrastrutture. Nel mirino anche circa 1.200 addetti di Aci, Istat ed Enac.
In alternativa il menu di Cottarelli prevede: incentivi all’uscita finanziati una tantum dallo Stato; il «collocamento in disponibilità», sempre con taglio della retribuzione e una sorta di cassa integrazione dei travet, a mezzo stipendio ma con i contributi previdenziali assicurati. Il tutto condito con un taglio tra l’8 e il 12% degli stipendi dei dirigenti apicali e di prima fascia, con parte della retribuzione legata ai risultati.
All’Economia però si ragiona anche su un altro Piano. Creare con fondi pubblici una specie di camera di compensazione come già fatto per i bancari: i dipendenti in sovrannumero godrebbero di una «indennità di mobilità» in attesa di essere ricollocati, anche fuori dal perimetro pubblico. Magari grazie al supporto di una Agenzia di collocamento degli statali, sulla falsariga del modello danese. Tutte idee che rischiano di rimanere indigeste ai sindacati, che ieri ai rumors sui tagli agli statali hanno risposto parlando «di numeri costruiti solo per fare teoremi» (Cgil), mentre la Uil chiede al governo di non trattare più il pubblico impiego «come un bancomat». (La Stampa)
Sugli stipendi Pa spunta il taglio oltre i 60mila euro
Il menù dei possibili interventi di riduzione della spesa per il pubblico impiego sul tavolo del governo s’arricchisce con una proposta di legge che prevede una nuova versione di tagli progressivi sui trattamenti economici a “prova” di Consulta. A firmare il testo è il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd). Si prevede un taglio del 6% per gli stipendi superiori ai 60mila euro lordi l’anno, del 7% per gli assegni superiori a 70mila euro lordi e dell’8% per gli stipendi oltre gli 80mila euro. L’intervento individuato avrebbe carattere temporaneo (dal 2014 al 2016), una dimensione solidaristica e sarebbe finalizzato all’obiettivo di garantire l’equilibrio di bilancio, come previsto dall’articolo 81 rafforzato della Costituzione. Secondo il proponente, il “via libera” costituzionale dopo lo stop sancito dalla Corte con le sentenze del 2012 contro i tagli del 5 e 10% sugli stipendi oltre quota 90 e 150mila euro, sarebbe giunto con la nuova sentenza della Consulta del dicembre scorso (n. 310), laddove si precisa che «sono sufficienti a sostenere la legittimità della suddetta misura (il blocco dei meccanismi di progressione automatica degli stipendi; dl 78/2010 ndr) le sole esigenze di equilibrio del bilancio statale».
Nella relazione che accompagna la proposta di legge, si indicano anche i risparmi previsti per questi tagli, che riguarderebbero il 16,4% di tutti i dipendenti pubblici: 2,5 miliardi annui. Risparmi che però vanno ben oltre (ma la cifra non è quantificata) se si conteggiano gli effetti del taglio indicato nella proposta di legge, sempre per le tre soglie citate, anche per le società controllate e authority come la Banca d’Italia, la Consob, l’Ivass. Il taglio, che opererebbe anche ai fini previdenziali, riguarda inoltre gli uffici di diretta collaborazione dei ministeri (-10%).
La proposta Boccia arriva nel giorno delle precisazioni del commissario Carlo Cottarelli sul suo piano al Senato. Per il pubblico impiego si prevede un intervento che potrebbe generare fino a 85mila esuberi da qui al 2016. Si tratta, come ha spiegato ieri il commissario, di una «stima di massima da affinare». Gli interventi di razionalizzazione di enti e amministrazioni ha spiegato Cottarelli comporteranno “esuberi che potranno essere riassorbiti con la mobilità”. Il costo equivalente attribuito a questi esuberi è stato indicato in 3 miliardi, mentre la capienza di un ritorno al blocco totale del turn over (ipotizzabile come alternativa) equivarrebbe a circa 90mila minori assunzioni. Il piano di Cottarelli conferma poi l’intervento sugli stipendi dei dirigenti, da cui si prevedono risparmi per 500milioni annui nel triennio. (Il Sole 24 Ore)
19 marzo 2014