di Alessandro Longo. Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, da pochi giorni responsabile dell’agenda digitale italiana, è in disaccordo con chi finora ha portato avanti il programma a livello tecnico esecutivo, cioè Agostino Ragosa, direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale presso la Presidenza del consiglio. Il disaccordo si è palesato venerdì sera, a quanto si apprende, durante una riunione fiume di due ore e mezza tra Madia e Ragosa. La visione della ministra, su come portare avanti la riforma digitale dell’Italia, è apparsa molto divergente da quella di Ragosa e ora non è detto che tra le due linee si riesca a trovare un punto di convergenza: ci riproveranno con un incontro fissato già per martedì; segno di quanto il tema sia considerato prioritario dal governo. Nuovo incontro martedì, ma senza intesa il dirigente potrebbe anche lasciare. E già dal 6 giugno parte la fatturazione elettronica obbligatoria per la Pa
Il punto è che un mancato accordo equivarrebbe quasi certamente all’uscita di Ragosa dalla guida dell’Agenzia. Significherebbe cambiare tutto nella struttura responsabile dell’attuazione pratica delle riforme digitali, proprio nel bel mezzo di una transizione delicata per l’Italia. Il 6 giugno se ne realizzerà il primo importante tassello, infatti, quando diventerà obbligatoria la fattura elettronica per la pubblica amministrazione.
Nei prossimi mesi sono previste altre grosse novità, già disciplinate per legge: tra le altre, la possibilità per i cittadini di pagare la pubblica amministrazione sempre per via elettronica (tasse, multe, iscrizioni scolastiche eccetera); l’identità digitale per tutti gli italiani con la possibilità di interagire via internet con i diversi servizi pubblici usando una password unica.
È insomma compito dell’Agenzia, in questi giorni, accompagnare la pubblica amministrazione verso un cambiamento che per l’Italia non ha precedenti. L’assenza di un accordo tra i due protagonisti della riforma potrebbe significare un impasse che rischia di ritardare la svolta a data da destinarsi. (Repubblica 31 maggio)
Un commissario donna per l’Agenzia digitale
L’Agenda digitale riparte con un nuovo commissario all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). Sarà un decreto commissariale a dare a Elisa Grande, proveniente dai ranghi dell’amministrazione (capo del dipartimento per il coordinamento organizzativo della Presidenza del Consiglio), il compito di fare ordine – nel più breve tempo possibile – in Agid prima che venga bandita la selezione che per legge dovrà individuarne il nuovo direttore. Anche perché l’attuale numero uno, Agostino Ragosa, è di fatto decaduto dal primo maggio a causa di una serie di inadempienze amministrative, per non aver presentato il bilancio di previsione nei termini stabiliti dalle norme (legge 98/2011) mettendo di fatto l’agenzia nell’impossibilità di operare. L’interessato – sentito da Repubblica.it – si è detto all’oscuro del decreto e ha ribati che ha in programma un incontro – domani pomeriggio – con il ministro Madia per discutere della strategia dell’Agenzia digitale italiana.
Una storia infinita questa dell’Agenzia per l’Italia digitale, cominciata ai tempi del decreto Digitalia e mai compiuta, cui forse solo il nuovo Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, potrà porre rimedio nell’ambito della più vasta riforma della Pubblica Amministrazione. Infatti, dopo la fusione in un unico organismo di quattro entità, l’Agenzia per l’innovazione, DigitPA, parte dell’Istituto superiore delle Comunicazioni (Iscom) e il Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione della PA, l’Agenzia non è mai stata in grado di affrontare la sfida della realizzazione dell’Agenda digitale europea rispetto alla quale l’Italia è ancora in ritardo.
La nomina di Agostino Ragosa. La vicenda comincia con la nomina il 30 ottobre 2012 di Agostino Ragosa all’Agenzia che, sostenuto da Passera, la spunta contro il candidato del ministro Profumo, Mario Calderini, dopo una presunta selezione di oltre 200 specialisti. Ne saranno sentiti pro-forma solo cinque dei dieci della short list. Si prosegue con la scrittura da parte dello stesso Ragosa di uno statuto dove si immaginano società di scopo per gestire l’informatica pubblica, una dotazione organica diversa da quella stabilita dalla legge e la riconfigurazione delle competenze della vecchia DigitPa che cede le attività più importanti a Consip, cioè i l’emissione dei pareri, e continua con una serie di rimpalli tra Agenzia, ministri competenti e Corte dei Conti fino all’approvazione della statuto pochi mesi fa.
Approvato lo statuto, il fiato sul collo all’agenzia lo fa però sentire il Dipartimento studi della Camera dei Deputati che in una analisi richiesta dal piddino Paolo Coppola certifica il fallimento della Road map immaginata fino ad allora: dei 55 adempimenti previsti per dare all’Italia un’ossatura digitale solo 17 sono stati realizzati alla fine di marzo 2014. È lo stesso studio che per la prima volta chiarisce le inadempienze del direttore Ragosa che porteranno alla sua decadenza.
La parentesi Caio. Tutto questo con una breve parentesi costituita dalla nomina di Francesco Caio a commissario del commissario dell’Agenzia con il compito di raccordare politicamente il braccio esecutivo dell’agenda digitale, cioè l’Agid, alla presidenza del consiglio guidata da Enrico Letta, e superare in parte il problema costituito dalla chiassosa cabina di regia di ben cinque ministeri. Caio, nominata una squadra di dodici persone lavora alacremente a realizzare tre adempimenti dell’agenda: anagrafe nazionale, identità e fatturazione elettronica. Tre provvedimenti vecchi di qualche anno che però con la sua direzione ottengono finalmente lo status di decreti e che gli tireranno la volta verso l’amministrazione di Poste Italiane.
I sindacati e la struttura ombra. Ma nel frattempo succede anche altro. L’agenzia viene accusata, nella persona del direttore, di aver creato una struttura ombra al suo interno per gestire extra legem una serie di partite delicate che vanno dalla riorganizzazione dei data center pubblici allo SPC, il Sistema Pubblico di Connettività, cioè la rete sicura di interscambio dati tra i centri nevralgici della pubblica amministrazione. Si tratta di accuse pesanti che prima arrivano agli organi competenti da un ignoto Francesco Torre, e poi sono riprese dai parlamentari dell’opposizione Palmieri (FI), Toninelli (M5S) e Migliore (SEL), poi addirittura da Cgil e Cisl che in tutta la vicenda avevano fino ad allora mantenuto un basso profilo e giungono anche sul tavolo del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Per finire con la lettera del Ragioniere dello Stato che chiede proprio alla Madia, dal 28 febbraio ministro vigilante dell’agenzia digitale, di intervenire sulla base delle denunce del collegio dei revisori dei conti di Agid.
La decadenza del direttore, ribadita anche da una nota sindacale dell’UGL, è il motivo principale dell’imminente cambio ai vertici. E questo per un motivo molto semplice: la decadenza rende annullabile ogni decisione della direzione, anche l’ultima in ordine di tempo, cioè la determina della organizzazione provvisoria dell’agenzia che entrerebbe in vigore dal 9 giugno e che prevede 19 dirigenti di seconda fascia e altrettanti uffici senza passare alla valutazione degli organi competenti. (Repubblica – 2 giugno)
Al via la fatturazione elettronica: come funziona la piattaforma che rende certi i pagamenti della Pa
di Alessandro Longo. Lo Stato saprà quanto sta spendendo e come, mese per mese, e le aziende avranno uno stimolo per abbracciare il digitale. E quindi diventare più competitive. Sono i doni che porta nel sacco la fattura elettronica, obbligatoria verso la Pubblica amministrazione centrale dal prossimo 6 giugno. Dopo un anno esatto, l’obbligo si estenderà anche alle Pa locali e quindi la rivoluzione sarà completa.
La fatturazione elettronica porta conseguenze ad ampio respiro. Ecco perché l’Unità di missione per l’Agenda digitale, con lo scorso Governo, ha deciso di partire da qui per attuare la grande riforma dello Stato nel senso del digitale.
«La fattura elettronica non è solo una grande trasformazione del modo di lavorare della Pa. Significa anche che per la prima volta lo Stato italiano avrà piena contezza delle proprie spese: un vero e proprio “controllo di gestione”, insomma, alla stregua di una qualsiasi grande azienda», sostiene Anna Pia Sassano, dirigente dell’Agenzia delle Entrate. Come membro dell’Unità di missione, è lei che ha lavorato per avviare la fatturazione elettronica nella Pubblica amministrazione.
Grazie al formato elettronico, ogni fattura viene tracciata in modo univoco, dal Sistema di interscambio (gestito dall’Agenzia delle Entrate) fino all’ufficio competente nella Pa che deve pagarla. Lo Stato potrà apprendere così mese per mese lo stato dei conti per ciascuna Pa, mentre finora ha dovuto aspettarne il bilancio annuale. La Ragioneria generale dello Stato può confrontare le fatture ricevute dal Sistema con i mandati di pagamento, per scovare le amministrazioni ritardatarie. Più trasparenza, più tracciabilità, più controllo, insomma: il sistema dei conti pubblici diventerà più efficiente.
«Attenzione, però», avverte Sassano, che dalla prossima settimana passerà in forze a Poste Italiane (voluta dal nuovo amministratore delegato Francesco Caio, che ha diretto l’Unità di missione). «Qualcuno, equivocando, ha pensato che abbiamo concepito tutto questo allo scopo di ammodernare la Pa. Il fine ultimo è invece un altro, più ampio: favorire lo sviluppo commerciale del Paese, spingendo le aziende sulla via del digitale», spiega Sassano.
Questo può avvenire per due motivi. Da una parte, a un livello superficiale, perché i fornitori della Pa sono adesso costretti a fare i conti con il digitale. Dall’altra, a un livello più profondo, «sulla scorta della fattura elettronica le aziende faranno innovazione, sviluppando servizi a valore aggiunto business to business», dice Sassano.
«Il servizio base è un software che crea e manda la fattura dall’azienda fino al Sistema di interscambio. I servizi a valore aggiunto, che vedo già nascere da banche e vendor It, vanno oltre: immettono in automatico i dati nella fattura, la conservano; fanno l’anticipo fattura od offrono alle aziende una gestione semplificata degli aspetti finanziari. Quest’ultimo servizio le banche lo offrono da tempo, ma su fatture cartacee è stato sempre piuttosto costoso. Con quelle elettroniche diventa alla portata di molte aziende, rendendole più competitive», aggiunge.
«Digitalizzare non significa puramente dematerializzare la carta, bensì impostare una profonda revisione delle aziende e del modo di lavorare alla luce delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali», conferma Alessandro Perego, responsabile scientifico Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione per il Politecnico di Milano. «La fatturazione elettronica è quindi un primo importante passo di un percorso digitale che coinvolge la nostra Pa e si riflette sull’intero sistema economico italiano. Il percorso comincia dal recupero di efficienza e dall’incremento di produttività; per arrivare poi a trasformare la cultura collettiva, con una nuova consapevolezza: di quanto l’innovazione digitale sia importante per la competitività dell’intero sistema Paese», aggiunge. Per esempio e in pratica, «passare dalla semplice fatturazione elettronica alla digitalizzazione dell’intero ciclo dell’ordine aumenta fino a sei volte i risparmi per le aziende: tra i 25 e i 65 euro per ogni ciclo», aggiunge.
«Una nuova cultura digitale può portare a integrare le informazioni delle fatture con quelle di bolle, conferme d’ordine e ordini, gestiti tutti in formato digitale; può ridurre le attività amministrative a basso valore aggiunto, ancora molto diffuse; può partorire modelli sempre più efficaci per la verifica fiscale e la lotta all’evasione», aggiunge Paolo Catti, responsabile della ricerca per lo stesso Osservatorio. «In generale, finalmente l’Italia arriverebbe a comprendere che il digitale è una leva strategica su cui costruire modelli di processi più competitivi», aggiunge.
«Siamo d’accordo che la fatturazione elettronica obbligatoria porta molti benefici – aggiungono da Confindustria –: modernizzazione dei rapporti tra Pa e imprese, semplificazione delle procedure interne aziendali e degli adempimenti fiscali, migliore monitoraggio sui debiti delle Pa verso le imprese. Sono vantaggi che toccheremo nel medio termine. Nel breve – avvisano però da Confindustria –, in questa fase di transizione, saranno necessarie attività di adeguamento alla novità da parte delle aziende fornitrici della Pa».
«Non sarà facile né per la Pa né per le imprese adeguarsi subito a un modello di relazione così diverso», conferma Catti. Per esempio, «il formato elettronico strutturato introduce alcune rigidità nel processo, inusuali per chi lavora con la carta: è necessario siano presenti un certo numero di informazioni e che queste siano scritte in modo coerente con quanto previsto per ogni “campo” del documento», spiega.
«Il rischio principale è che ci sia un ritardo nello sposare appieno le nuove logiche. Le imprese potrebbero metterci troppo tempo a estendere la fattura elettronica ai propri clienti non Pa. Le Pa potrebbero conservare prassi e procedure interne figlie della carta». «Ma nessuna paura: è solo una fase temporanea di assestamento. Una volta terminata, i benefici non si faranno attendere», dice Catti. (Il Sole 24 Ore – 1 giugno)
2 giugno 2014