Assalita alle spalle, stretta con violenza al collo e alzata da terra tanto da svenire. Non è una scena di violenza da strada, ma quanto è successo ieri intorno alle 13.30 al Pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, dove un cinese di 34 anni, «familiare di un paziente che era già stato assistito e veniva in quel momento monitorato» – come fa sapere l’Usl 8 Berica -, ha improvvisamente aggredito la dottoressa che si stava apprestando a visitare il familiare. Forse innervosito dall’attesa, l’uomo ha evidentemente perso la testa e solo l’intervento del personale sanitario presente in quel momento in reparto ha evitato il peggio. Sono stati gli stessi sanitari a contattare le forze dell’ordine e ad intervenire sono stati i carabinieri di Vicenza, che hanno tratto in arresto l’aggressore per lesioni personali dolose e interruzione di pubblico servizio, mentre la dottoressa, 26 anni, ha riportato lesioni guaribili in una decina di giorni.
L’assurdo quanto esecrabile episodio, è avvenuto a distanza di nemmeno 36 ore dalla celebrazione della seconda giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori socio-sanitari, che ha visto domenica 12 marzo, l’azienda sanitaria predisporre corner informativi con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sul tema. «Le modalità dell’aggressione sono state particolarmente violente, manifestando l’intento di nuocere gravemente», commenta il direttore generale Giuseppina Bonavina, che ha immediatamente verificato di persona la situazione ed espresso la solidarietà di tutta l’azienda al medico. «L’episodio di oggi (ieri, Ndr )– sottolinea Bonavina – conferma ulteriormente quanto il fenomeno sia drammaticamente in aumento per numero e gravità di eventi, a testimonianza della necessità di una presa di posizione collettiva e partecipata».
Lo scorso anno sono state segnalate all’Usl Berica da parte degli operatori socio-sanitari, 110 aggressioni, 88 verbali e 22 fisiche. Negli ultimi anni in Veneto gli episodi di violenza contro i sanitari sono stati oltre 3.000 l’anno. Numeri sicuramente inferiori ai casi reali di violenze verbali, così come non vengono alla luce le minacce di ricorrere alle vie legali quando non vengono soddisfatte determinate richieste.Secondo l’ultimo report di Azienda Zero il 72,4% dei sanitari vittime di violenza è donna, anche perché la componente femminile rappresenta il 74% del personale. Invece la fascia d’età più colpita è quella fra i 50 e i 59 anni. Nel 70% dei casi l’aggressore è il paziente, nel 25,6% parenti o visitatori, nel 4,1% estranei e nel 74,5% delle volte il sanitario oggetto di violenza non lavorava da solo. E infatti il 53,7% degli eventi ha coinvolto più figure professionali. Il 27,5% delle aggressioni avviene nelle sale d’attesa, il 21,9% in ambulatorio, il 18,9% in corridoio.
«È sconcertante pensare che solo tre anni fa gli operatori sanitari venivano definiti eroi, con tanto di striscioni alle finestre – conclude Bonavina -, e oggi ci troviamo ad organizzare, in collaborazione con la Regione, corsi di formazione nei reparti ospedalieri per insegnare al personale a riconoscere le situazioni potenzialmente a rischio e attuare tecniche di contenimento e di autodifesa nei casi più gravi. In un momento di generale difficoltà a reperire personale sanitario, questo atteggiamento rappresenta un ulteriore ostacolo, perché crea disaffezione verso il posto di lavoro nella sanità pubblica, con un conseguente grave danno per tutta la collettività».
In tutti gli ospedali dei capoluoghi veneti in questi giorni stanno per essere riattivati i posti fissi di polizia e dove già c’erano vengono allungati gli orari di notte.
Il Corriere del Veneto