La Commissione europea rallenta l’iter decisionale della procedura d’infrazione contro il governo britannico per le etichette – gli ormai noti “semafori” – che danneggiano i cibi prodotti in Italia. «La nostra battaglia contro l’etichettatura a semaforo è prioritaria per la nostra industria alimentare», ha detto a Bruxelles il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Questo sistema, incalza la Coldiretti, «finisce per escludere paradossalmente dalla dieta gli alimenti sani».
Il governo italiano è tornato ieri a dare battaglia a livello europeo contro l’iniziativa inglese relativa alle etichette ibride con le quali indicare se un dato prodotto alimentare comporta rischi per l’obesità delle persone. La scelta britannica ha spinto la Commissione europea ad aprire una procedura di infrazione contro il governo inglese. La campagna elettorale nel Regno Unito sul futuro del paese nell’Unione dovrebbe però indurre Bruxelles a rallentare l’iter decisionale.
Nel 2013, il governo inglese ha consentito ai supermercati di adottare un sistema a semaforo per aiutare i consumatori a scegliere i prodotti alimentari. Tre i colori, a seconda della quantità di grassi totali, grassi saturati, zucchero e sale per ogni cento grammi di prodotto. In ordine crescente: verde, arancione e rosso. Finora, l’iniziativa è stata volontaria. Il 98% delle catene di supermercati inglese ha deciso di applicarla, secondo le informazioni del governo italiano.
«La nostra battaglia contro l’etichettatura a semaforo è prioritaria per la nostra industria alimentare», ha detto il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina in una insolita conferenza stampa qui a Bruxelles a cui sono stati invitati numerosi rappresentanti di organizzazioni di categoria. «Insieme vogliamo difendere la qualità della nostra produzione (…) Quando vedo un bollino rosso sul latte inglese e un bollino verde su una soda light con dolcificante sintetico delle domande me le faccio».
In occasione della conferenza stampa, il governo ha presentato una ricerca del centro-studi Nomisma che sottolinea come l’etichetta abbia provocato un forte calo delle vendite in Gran Bretagna. Per esempio, le vendite di parmigiano senza etichetta sono salite tra il 2013 e il 2015 del 7% in valore; quelle di parmigiano con etichetta sono invece calate del 7%. Lo stesso è accaduto per il prosciutto crudo di Parma: le vendite senza etichetta sono aumentate del 17%, quelle con etichetta sono scese del 17 per cento.
Ha spiegato la Coldiretti: «La segnalazione sui contenuti di grassi, sali e zuccheri non si basa sulle quantità effettivamente consumate, ma solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze. Il sistema finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e promuovere, al contrario, le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale». Secondo l’associazione, le scelte inglesi colpiscono ingiustamente il 60% delle produzioni italiane.
L’iniziativa inglese è oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Il timore è che la misura, come sostenuto dall’Italia, sia in violazione delle regole sul mercato unico. Londra ha però gioco facile notare che l’articolo 35 del regolamento 1169/2011 permette ai paesi eccezioni sull’etichettatura dei prodotti alimentari. In Consiglio, l’Italia ha potuto contare sull’appoggio di non pochi paesi (tra 11 e 17 a seconda delle riunioni ministeriale).
È difficile immaginare che la procedura di infrazione possa andare avanti rapidamente nei prossimi mesi. Non solo la Commissione europea è divisa, tra una direzione generale Concorrenza che è favorevole a continuare l’iter e una direzione generale Salute che invece è propensa a chiuderlo. Lo stesso referendum inglese in giugno durante il quale i britannici dovranno decidere se rimanere o meno nell’Unione induce Bruxelles alla cautela in questo momento.
Beda Romano – Il Sole 24 Ore – 15 marzo 2016