Valeria Nardi. Le allerta alimentari possono essere dovute a un errore in etichetta, a un documento di accompagnamento non valido… oppure a un problema in grado di provocare serie ripercussioni per i consumatori. Le persone allergiche rientrano tra le categorie più a rischio perché se assumono un prodotto contenente un allergene non dichiarato o frutto di una contaminazione, possono rischiare anche lo shock anafilattico. In Italia sono ancora numerosi casi di anafilassi, in conseguenza della tardiva informazione giunta, oltre tutto, da canali non istituzionali.
Nel corso della manifestazione World Allergen Food, tenutasi il mese scorso a Padova, è emersa l’esigenza da parte delle associazioni delle persone allergiche, di accelerare la diffusione di notizie relative al rischio di allergeni, per etichettatura scorretta o contaminazione involontaria. «Il regolamento europeo – spiega Marcia Podestà, presidentessa dell’associazione Food Allergy Italia – prevede una tutela particolare verso questa categoria “vulnerabile”, perché nel loro caso, quando gli alimenti presentano delle criticità, il pericolo è serio e i tempi sono molto stretti».
In Italia non esiste un sistema di allerta immediata da parte delle autorità, indirizzato alle persone interessate o alle associazioni degli allergici, come invece accade all’estero. «La Spagna – continua Podestà – in questo senso è un Paese virtuoso. L’agenzia per la sicurezza alimentare del ministero della salute iberico si riunisce almeno una volta l’anno con le autorità, le aziende, i rappresentanti dei ristoratori e le associazioni degli allergici per definire le strategie migliori. In questi incontri le parti decidono come gestire le allerta e, di volta in volta, redigono un bilancio delle attività intraprese.» Sul piano pratico le modalità di attuazione sono semplici. «Il Ministero della salute, quando riceve l’avviso di un prodotto con una criticità di tipo allergico, comunica direttamente con l’associazione nazionale degli allergici indicando le caratteristiche dell’alimento per poterlo rintracciare. In questo modo la notizia è diffusa rapidamente e le persone vengono avvisate dall’associazione.» Si tratta di un sistema che nell’era della comunicazione e dell’informatizzazione non sembra così complicato da riproporre anche in Italia.
Il Fatto Alimentare ha chiesto al Ministero della salute se intende sviluppare strategie mirate a velocizzare la diffusione delle notizie di queste particolari allerta, trattandosi tra l’altro di un tema che trova spazio nella bozza delle procedure di richiamo diffusa dallo stesso Ministero nel mese di giugno del 2015. “Il Ministero – spiega l’ufficio stampa – ha predisposto un documento sulle procedure di richiamo che, dopo condivisione con gli Assessorati alla sanità delle Regioni e Province autonome, è stato oggetto di successiva consultazione con gli stakeholder interessati (Associazioni di categoria dei produttori ed Associazioni dei consumatori). Attualmente sono in corso degli incontri tecnici con la Direzione generale dei sistemi informativi di questo Ministero per poter mettere in esercizio la pagina web istituzionale dedicata alla pubblicazione dei richiami di alimenti non conformi da parte degli operatori del settore alimentare (OSA) e rendere quindi pubbliche tali informazioni. Ciò avverrà quando sarà conclusa la fase di realizzazione tecnica della pagina web, presumibilmente nei prossimi mesi.”
Rimaniamo in attesa dei prossimi sviluppi.
Il Fatto alimentare – 3 maggio 2016