Maurizio Tropeano. Forse è una delle poche azioni che ha raccolto finora il consenso unanime di tutto il Senato: l’Italia, in occasione dell’Expo, farà di tutto per cercare di promuovere un patto globale per il cibo attraverso un confronto tra i 147 paesi che finora hanno annunciato la loro partecipazione all’esposizione internazionale del 2015. Il tema del cibo, dunque, entra almeno formalmente nell’agenda politica internazionale.
Lo chiedono con toni e obiettivi diversi mozioni e ordini del giorni di Pd, Ncd, Cinquestelle e Lega Nord che il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, ha accolto a nome del governo con alcune modifiche. Il governo, così, si impegnerà per ottenere il riconoscimento a livello mondiale dell’indicazione geografica dei prodotti e a incentivare tutte le tecniche per aumentare la resa produttiva escludendo, però, gli Ogm.
Più complicato, invece, raggiungere l’obiettivo di arrivare ad un patto globale per il cibo. A favore di questa iniziativa parlano i numeri: 1,3 miliardi di tonnellate all’anno di cibo – secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite per la lotta contro la Fame (Fao) viene persa o sprecata cioè quattro volte la necessità nutrizionale stimata di oltre 868 milioni di persone malnutrite nel mondo. E sempre secondo la Fao per ogni persona malnutrita nel mondo, ve ne sono 2 obese o in sovrappeso. Potrebbe sembrare un paradosso ma non è così: a fronte di 36 milioni di persone che ogni anno muoiono per mancanza di cibo, altre 29 milioni di persone ogni anno muoiono per malattie correlate ad un eccesso di cibo. Inoltre, un recente rapporto del californiano Oakland institute sostiene che tra il 2000 e il 2011 un’area che corrisponde a 8 volte quella del territorio britannico è stata comprata o presa in locazione da società multinazionali e soggetti finanziari nonché Paesi (leggi Cina e Corea del Sud) dotati di molta liquidità ma di scarse estensioni coltivabili in Paesi poveri e in via di sviluppo.
Un accordo globale, dunque, sarebbe scontato ma non è così. Il motivo? Lo spiega ancora Martina: «La produzione agricola a fini alimentari è tema geopolitico fondamentale, destinato a ri-configurare le relazioni internazionali e i modelli di sviluppo». L’Italia, comunque, non rinuncerà a giocare la sua parte giocando anche sul richiamo internazionale portato dall’Expo ma sapendo che la partita sarà più complicata di «affermare il primato dell’agroalimentare e della sicurezza dei prodotti made in Italy verso l’Unione europea e il mondo», così come richiesto nell’ordine del giorno della Lega Nord.
La Stampa – 19 giugno 2014