Un impiegato di Feltre temeva di perdere il lavoro, un operaio ha fatto harakiri nel letto, un’infermiera si è iniettata potassio e un geometra si è impiccato alla gru in cantiere a Portogruaro
VENEZIA – Si può decidere di morire per paura di perdere il lavoro. Ma anche per una storia coniugale che finisce. O perché un male oscuro si è insinuato nella propria anima. Infine, perché la propria psiche è scivolata in un limbo angosciante popolato di fantasmi irreali e non ne ha più saputo venir fuori.
In un pugno di ore la cronaca a Nord Est ha registrato una concentrazione senza precedenti di casi così simili, così diversi, che hanno avuto lo stesso, tragico epilogo. La decisione – messa in atto – di farla finita per sempre. Di uscire dalla scena della vita lasciandosi alle spalle sofferenze, tensioni familiari, solitudini incolmabili, ombre della mente, fallimenti personali, preoccupazioni economiche. È accaduto per quattro volte in appena un giorno e una notte. È accaduto in un bosco, a Pedavena. In una casa, a Cordignano. In una casa di riposo, a Conegliano. In un cantiere, a Portogruaro.
Sono mesi che le croci aumentano nel cimitero della Grande Crisi. Imprenditori si uccidono perché vedono morire la loro azienda, costruita con i sacrifici di una vita, e quindi vedono morire anche se stessi. Lavoratori rimasti senza un posto, spengono la luce perché non intravvedono alternative al buio assoluto nella vita agra in cui sono piombati. Ma queste nuove croci piantate nelle città e nei paesi del Nord Est non raccontano solo la disperazione impotente di fronte al venir meno delle certezze economiche. Sono il segnale di un male più profondo nel cuore della nostra società.
Lunedì pomeriggio un quarantaseienne di Feltre (Belluno) non è rientrato in fabbrica. Aveva chiamato la moglie qualche ora prima. Non ha lasciato messaggi, non ha detto nulla che fosse un indizio, suonasse da campanello d’allarme. È andato nel bosco, con una corda. Lo hanno trovato ieri mattina. Un bimbo di tre anni non vedrà più il suo papà, che temeva di essere messo in mobilità dall’azienda di componentistica per occhiali dove era capo ufficio.
L’altra notte un operaio quarantatreenne di Cordignano (disoccupato), in provincia di Treviso, si è ucciso nel proprio letto menandosi fendenti al petto e al ventre con un coltello da cucina. Una morte orribile, preceduta da una lunga agonia. L’ha scoperta la fidanzata al mattino, preoccupata perché lui non rispondeva alle telefonate. La crisi economica non c’entra, ma è ad una fantomatica persecuzione da parte della Polizia (americana) che egli farebbe riferimento nelle lettere lasciate per spiegare il suo gesto. Qualcosa si era rotto nel suo equilibrio psichico.
Ieri mattina un’infermiera professionale quarantunenne, dipendente di una casa di riposo di Conegliano (Treviso), si è iniettata del potassio in vena. L’hanno trovata a terra nel bagno dell’istituto, con accanto un laccio emostatico e una siringa. Aveva ricevuto una telefonata, era sbiancata, aveva chiesto di restare da sola. Originaria dal Friuli, lascia tre figli e un matrimonio in crisi.
Ieri all’alba un geometra trevigiano di 64 anni si è impiccato a una gru nel cantiere dove lavorava, a Portogruaro. Sono stati i colleghi a scoprire il corpo quando sono arrivati, alle 8 del mattino. In poche righe ha chiesto perdono, ma ha spiegato che la fatica di vivere era per lui più grande della vita stessa. Anche in questo caso la crisi economica non c’entra, e in un male invisibile che i parenti e gli amici cercano una spiegazione.
Adesso tutti dicono che non avevano colto segnali o presagi. E se qualcosa non tornava, non pensavano che potesse finire in modo così tragico. Parlano di persone un po’ chiuse, solitarie, introverse. Ma anche di comportamenti solari ed estroversi. Insomma, esistenze apparentemente normali, con gli alti e bassi di tutti. Eppure si sono interrotte in modo repentino. Possibile che nessuno sia riuscito ad impedirlo?
Il Gazzettino – 10 aprile 2013