
Ambiente il sondaggio Ipsos. «Il clima è un’emergenza grave». Per l’81% degli italiani bisogna agire. Ancora poco noto il concetto di transizione energetica. «Lo Stato deve fare la sua parte»
Il cambiamento climatico è «un’emergenza reale e grave, da contrastare il prima possibile» per l’81 per cento degli italiani (e il 72% dei francesi). Solo il 16 per cento pensa sia frutto di «normali variazioni del clima» (24% in Francia) e un misero 3 per cento crede ancora si tratti di «una bufala» (il 4% in Francia). È da questi dati che parte l’indagine «Lotta al cambiamento climatico: il punto di vista degli italiani e dei francesi» condotta da Ipsos, con il contributo di Edison, e presentata ieri nell’ambito dei Dialoghi italo-francesi per l’Europa promossi dalla Luiss e da Sciences-Po in collaborazione con The European House – Ambrosetti.
Alla vigilia di un «autunno caldo» per la lotta al cambiamento climatico, che prenderà il via ufficialmente settimana prossima con la CopGiovani e la Pre-Cop di Milano per concludersi a novembre con il vertice Onu sul Clima di Glasgow (COP26), Ipsos ha misurato la temperatura dell’opinione pubblica italiana e francese sul riscaldamento climatico e sulla transizione energetica. Risultato. Per il 71 per cento degli italiani e il 55 dei francesi il cosiddetto «global warming» è «senza precedenti». Da cui emerge, sottolinea il sociologo francese Marc Lazar, professore all’Università Science-Po, che l’Italia è «un passo avanti» in termini di sensibilità ecologica rispetto ai cugini d’Oltralpe.
Entrambi i Paesi individuano nelle attività umane la principale o comunque una delle cause dell’innalzamento della temperatura media (rispettivamente il 93 e il 91%). Ed entrambi puntano in primis il dito sui settori di energia, petrolio e gas, anche se poi per gli italiani seguono le auto e il settore chimico mentre i francesi al secondo posto mettono il trasporto aereo.
Le imprese
I francesi, rispetto a noi, sono più critici nei confronti delle loro responsabilità
Uno dei passaggi chiave del sondaggio è quello relativo alla conoscenza e alla realizzazione della transizione energetica. Un concetto ancora misterioso per l’81% degli intervistati italiani (che oscillano tra «ho solo una vaga idea» e «non l’ho mai sentito nominare») mentre i francesi dimostrano di essere almeno meglio informati (il 24% «lo conosce bene»).
Uno dei padri dell’ambientalismo, Alex Langer, diceva: «La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile», ricorda Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos. Che ieri ha aggiunto: «Se noi riusciamo ad evitare che l’attenzione all’ambiente sia considerata antagonista rispetto alla crescita economica; se noi riusciamo, ed è questo che si sta affermando, a far passare il concetto che invece è collegata alla crescita economica, allora l’aspettativa degli italiani è che ci possa essere un nuovo paradigma e un nuovo benessere». Purtroppo, conclude, «oggi non c’è una forza politica in grado di interpretare tale concetto».
Eppure gli italiani (più dei francesi) sembrano crederci, sempreché lo Stato sia al fianco delle aziende e dei privati cittadini in questa sfida. Il 56% degli intervistati è convinto che «la transizione energetica è un’occasione di crescita e sviluppo» e il 51% che «darà uno slancio all’economia creando nuovi posti di lavoro» (90.000 secondo le stime rilanciata ieri dall’amministratore delegato di Edison Nicola Monti). Lo Stato deve però intervenire con finanziamenti, investimenti e normative per favorire la transizione ecologica (60%), aiutare le persone più svantaggiate ad affrontarne i costi (55%) e aiutare le aziende (53%). Anche la responsabilità dei processi produttivi spetta per gli italiani più al governo (49%) che alle aziende (34) o ai consumatori (17). Molto più scettici rispetto al ruolo di garante dello Stato risultano i francesi, che come spiega Lazar, «hanno sviluppato una forte diffidenza verso le istituzioni e la classe politica, e in generale per chiunque abbia ruoli di responsabilità, scienziati compresi». E così, forse non del tutto a torto, attribuiscono maggiore responsabilità alle imprese verso cui mostrano un atteggiamento più critico rispetto agli italiani.
Il Corriere della Sera