Il contratto collettivo tutela il lavoratore: in caso di patologia caratterizzata da ansia e panico, non è possibile sanzionare il dipendente sul piano disciplinare (Cassazione, sentenza 11798/12).
Una lavoratrice omette di comunicare tempestivamente la prosecuzione della malattia ma, se in primo grado il suo licenziamento viene dichiarato legittimo, i giudici d’appello ritengono tale omissione giustificata in considerazione del compromesso equilibrio psicologico della lavoratrice, integrando tale situazione un comprovato e giustificato impedimento, idoneo, in base alla disciplina collettiva applicabile, a escludere la sanzionabilità disciplinare dei comportamenti addebitati.
Manca la prova degli squilibri psicologici della dipendente? Il datore di lavoro, una Cooperativa, propone ricorso per cassazione lamentando l’assenza di qualsiasi riscontro, nella documentazione medica acquisita agli atti, della situazione di squilibrio psicologico della lavoratrice.
Inoltre, viene contestata la decisione dei giudici territoriali nel punto in cui hanno ritenuto, «quale causa di oggettiva attenuazione della gravità della mancanza addebitata, il fatto che il datore di lavoro ben poteva prevedere che la malattia sarebbe proseguita e che lo stesso avesse sollecitato la visita fiscale, con conseguente illegittima inversione dell’onere probatorio previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva in caso di assenza per malattia».
L’evoluzione della patologia è riconducibile al tempo del licenziamento. La S.C. sottolinea che, nel caso di specie, la lavoratrice soffriva di disturbi d’ansia e di adattamento, con attacchi di panico, labilità emotiva esasperata, progressivamente aggravatasi in depressione che escluderebbe, visto il giustificato impedimento, la sanzionabilità disciplinare dei fatti addebitati.
Pertanto, il ricorso della Cooperativa viene rigettato in toto, con la conseguente condanna della stessa al pagamento delle spese.
La Stampa – 2 gennaio 2012