
Area Berica. Aviaria, perso un milione e mezzo di euro. Abbattuti più di 350 mila capi, 240 mila nella sola Pojana. Servizi veterinari al lavoro senza sosta
Eugenio Marzotto, Dal Giornale di Vicenza. Se l’emergenza per la peste aviaria è quasi conclusa, adesso resta solo la conta dei danni di un settore che resta in balìa dei grandi gruppi che nel Basso Vicentino hanno investito da decenni su allevamenti di polli e tacchini da trattare e poi rivendere nelle grandi catene di distribuzione. Forse anche per questo, da Campiglia a Pojana Maggiore, passando per Albettone e il comune padovano di Rovolon, c’è poca voglia di parlare e di mostrare gli effetti devastanti del virus H5N8 debellato da un servizio animali dell’Ulss che ha lavorato senza sosta sui capi da abbattere e per la bonifica della pollina nei capannoni dove si era annidata l’aviaria.
Il territorio di Pojana è quello che ha pagato più di tutti con 240 mila animali uccisi in via preventiva dentro dei container stipati di polli e tacchini, morti sotto l’effetto del gas. Stessa fine per altri 80 mila capi abbattuti a Campiglia dei Berici, senza contare la vicina Rovolon in provincia di Padova con le frazioni di Bastia e Carbonara assediate dalla peste e dove si contano insieme ad Albettone, circa 35 mila polli e tacchini morti.
Da giovedì scorso un continuo via vai di camion di ditte specializzate ha fatto la spola tra i siti contaminati e gli inceneritori padovani, senza contare il gran lavoro del servizio specializzato dell’Ulss che ha prima dovuto circoscrivere l’epidemia e poi pulire i capannoni contaminati che resteranno chiusi per altre tré settimane. Un danno economico pesante se si considera il mancato guadagno a pollo o tacchino degli imprenditori agricoli vicentini che vendono gli ammali dopo averli allevati 140 giorni per conto delle grandi aziende alimentari. In media gli imprenditori di Pojana o Campiglia hanno perso qualcosa come due, tre euro per polli e cinque, sei euro per tacchino. Stime che portano ad una perdita complessiva che si aggira attorno al milione e mezzo di euro fumati dentro un container intriso di gas. Un disastro economico che è entrato nella catena di produzione alimentare, solo due settimane dopo dall’altra emergenza aviaria di fine settembre. E adesso c’è tutta la questione dei rimborsi che dovranno fare i conti con i lunghi tempi tecnici. Va detto che il costo del ritiro delle migliaia di carcasse è stato a carico delle ditte specializzate, le quali si faranno rimborsare dalla Regione, mentre i singoli allevatori dovranno trattare il risarcimento con i grandi gruppi del settore alimentare i quali a sua volta verranno rimborsati dall’Unione europea, tempi burocratici permettendo. Mentre spesso l’abbattimento preventivo, quello che evita altri possibili focolai, è pagato dal ministero della Salute. Ma quello che resta nel Basso Vicentino è il senso di impotenza e fragilità di fronte ad un virus che si annida nella pollina (escrementi e segatura lasciati sul pavimento degli allevamenti) che prima di finire nell’inceneritore in questi casi viene sterilizzato a 120 gradi. «Quando la prossima emergenza?», sembrano dire gli allevatori che rischiano di essere messi in ginocchio da una peste che si manifesta ormai troppe volte.
Il Giornale di Vicenza – 19 ottobre 2017