Maurizio Tropeano. Dal primo aprile solo la carne di coniglio, quella di cavallo e le carni di maiale trasformate in salumi, a partire dal prosciutto crudo, continuano a restare anonime per il consumatore italiano. È questa l’unica lacuna del regolamento europeo che rende obbligatoria l’applicazione in tutti i paesi della comunità l’indicazione in etichetta dell’origine di carni fresche, refrigerate o congelate suine, ovine, caprine e di volatili.
Cosciotti e carrè di agnello ma anche braciole e arista di maiale hanno dunque la carta d’identità. «Si va nella giusta direzione», commenta il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina. Del resto il risultato della consultazione on line voluta dal ministero a cui hanno partecipato 26.500 persone non lascia dubbi: 9 italiani su dieci vogliono conoscere l’origine di ogni cibo per ragioni legate alla sicurezza alimentare.
Che cosa cambia
Sull’etichetta delle carni suine, caprine e ovine, così, si dovrà leggere il luogo dell’allevamento e della macellazione. L’indicazione dell’origine, invece, è volontaria, e potrà essere certificata solo se la carne è ottenuta da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese. Per capirci: solo quando sull’etichetta compare la scritta «Origine Italia» abbiamo la certezza che si tratta di animali italiani al 100% nati, allevati e macellati nel nostro paese. Quando invece si trova «allevato in Italia» e «macellato in Italia» vuol dire che l’animale è nato all’estero e poi è stato trasportato nel nostro paese per essere allevato e macellato. Sono state stabilite una serie di norme per ogni tipo di produzione, in modo da garantire che il luogo dell’allevamento corrisponda a quello in cui l’animale ha trascorso una parte sostanziale della sua vita. Per le carni macinate dovrà essere indicato se sono state allevate e macellate nell’Ue o in Paesi non appartenenti all’Unione europea.
I consumatori
Molte associazioni di tutela dei consumatori pur apprezzando l’importanza e la novità del provvedimento mettono in evidenza i suoi limiti. Secondo il Movimento per la difesa del cittadino «l’etichetta di suini, ovini e volatili non può essere paragonata per trasparenza e completezza a quella della carne bovina, per la quale a prescindere dal periodo di allevamento o età dell’animale si dovrà sempre indicare dove l’animale è nato, sezionato e macellato».
Le organizzazioni
Coldiretti sottolinea la necessità di colmare un’altra lacuna: «Due prosciutti su tre sono fatti da maiali stranieri ma il consumatore non lo può sapere. Su questi prodotti come su altri – conclude l’associazione degli agricoltori – l’eventuale obbligo dell’origine dipenderà dagli studi di impatto che la Commissione Europea sta realizzando, con un certo ritardo sui tempi previsti dal Regolamento». Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, auspica «che lo stesso obbligo possa essere esteso anche alle carni cunicole attualmente non incluse nella disposizione normativa». Secondo la Cia «occorre partire da questo risultato per continuare a tutelare la sicurezza e la trasparenza alimentare». Per Confagricoltura «la trasparenza delle etichette è un nuovo stimolo per il miglioramento della qualità».
La Stampa – 5 aprile 2015