Il “pugno di ferro” contro i furbetti del cartellino non risparmierà i dirigenti: il capo struttura, o l’Ufficio procedimenti disciplinari (Upd), che vengono a conoscenza della falsa attestazione della presenza in servizio del dipendente “infedele” e non si attivano per sospenderlo, entro le 48 ore, e avviare la procedura disciplinare, rischieranno, loro stessi, il licenziamento.
È questa una delle ultime novità del Dlgs con l’anticipazione del giro di vite sui procedimenti disciplinari atteso questa sera sul tavolo del Consiglio dei ministri, assieme ai primi decreti attuativi della riforma Madia. Ancora ieri pomeriggio la titolare di palazzo Vidoni, assieme ai suoi tecnici, si è recata a palazzo Chigi per le ultime limature ai provvedimenti.
Sul fronte disciplinare, dopo il pressing del premier Matteo Renzi si conferma la linea dura: l’articolato prevede la sospensione obbligatoria e senza contraddittorio da lavoro e retribuzione entro 48 ore da quando viene accertata la falsa attestazione della presenza in servizio; e il contestuale avvio di un procedimento disciplinare più rapido, che dovrà concludersi entro 30 giorni.
La fattispecie di illecito disciplinare oggetto dell’intervento è la falsa attestazione della presenza in servizio; e scatterebbe un inasprimento delle sanzioni anche nei confronti dei dirigenti “inerti”.
Oggi, spiega Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna, i dirigenti hanno l’obbligo di attivare un procedimento disciplinare, dopo aver compiuto la valutazione del caso. Se non lo fanno, però, senza motivo fondato e ragionevole, al massimo sono soggetti a una sospensione fino a tre mesi e alla perdita della retribuzione di risultato.
Con le nuove regole, si cambia: da quanto si apprende, scomparirebbe la valutazione del caso; e ci sarebbe l’obbligo di attivare la procedura disciplinare in caso di falsa attestazione della presenza in servizio. In caso di inerzia, poi, scatterebbe il licenziamento (ma seguendo l’ordinaria procedura prevista dall’attuale normativa – non ci sarebbe, quindi, l’abbreviamento dei termini).
Non cambierebbe nulla, invece, in caso di annullamento del licenziamento del dipendente infedele: il capo struttura resterebbe immune da eventuale responsabilità per danno erariale salvo i casi di dolo o colpa grave.
Confermato al Cdm di questa sera, insieme con gli altri provvedimenti del primo “pacchetto Madia”, anche il decreto che istituisce un albo unico nazionale dei dirigenti di Asl e ospedali, con lo slogan “vade retro politica”. Il Governo promette infatti dosi (più o meno) massicce di trasparenza e di meritocrazia per la nomina dei direttori generali di Asl e ospedali, come per i direttori sanitari e amministrativi degli enti sanitari pubblici.
Seduti su una miniera sempre pronta a saltare, ma non per questo meno ambita, da 111 miliardi di euro l’anno, per i manager del Ssn scattano nuove procedure di nomina, di valutazione e di decadenza con l’obiettivo di recidere il cordone ombelicale con i partiti. Sarà istituito un elenco o albo unico nazionale per chi è in possesso dei requisiti, ma solo fino ai 65 anni, dopo una selezione pubblica per titoli. L’incarico arriverà dai governatori dopo un avviso pubblico locale e la valutazione di una speciale commissione che proporrà al presidente di regione una triade di candidati da cui sarà pescato il prescelto.
La valutazione dell’attività dei manager avverrà dopo 2 anni e riguarderà i risultati economico-finanziari, ma anche il bilancio di salute della Asl o dell’ospedale, con tanto di decadenza automatica anche per mala gestio, violazione degli obblighi di trasparenza, violazione del principio di buon andamento e imparzialità della gestione. Secondo la bozza del Dlgs, l’incarico del dg non sarà rinnovabile. Per accedere alla selezione si verserà un contributo (non rimborsabile).
Il Sole 24 Ore – 20 gennaio 2015