Spunta l’ipotesi di un accorpamento delle festività per aumentare i giorni lavorativi e dunque il prodotto interno lordo. L’idea è stata confermata in ambienti governativi e potrebbe essere esaminata già dal prossimo cdm di venerdì sulla base del parere di quattro ministeri chiave. Dell’ipotesi di «razionalizzare» le festività, riferiscono fonti ministeriali, si è discusso nel preconsiglio svoltosi lunedì pomeriggio a palazzo Chigi. In particolare, il sottosegretario Antonio Catricalà avrebbe chiesto ai tecnici di diversi dicasteri di presentare entro breve un parere in modo che il provvedimento possa arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri già questo venerdì. Non si conoscono ancora i dettagli del testo.
Tuttavia, alcune settimane fa, il sottosegretario Gianfranco Polillo, aveva sottolineato che riducendo il numero di giorni non lavorati di una settimana avrebbe portato ad un aumento del pil di circa un punto percentuale. Altre fonti di Governo si limitano a confermare che l’ipotesi di una razionalizzazione delle festività è in campo, sottolineando però che si attende il parere di «quattro ministeri chiave» per capire se si potrà intervenire già questa settimana.
LA PROPOSTA – «Mi auguro che il problema venga preso di petto» perché aumentare le ore di lavoro degli italiani, magari accorpando anche le festività «è una delle chiavi per risolvere la crisi» spiega Polillo. «Sono contento di essere stato seguito in questo indirizzo – aggiunge – l’importante ora è discuterne». Anche perchè «c’è anche, ad esempio, un problema di rapporti con la Chiesa». È comunque certo che nella «ricetta-Polillo» le festività accorpate non dovrebbero essere più pagate facendo ridurre il costo del lavoro.
«In Italia il rapporto tempo libero-lavoro è troppo basso – dice ancora il sottosegretario -. Ad esempio in Alenia è stato firmato un accordo con i sindacati per lavorare 7 giorni a settimana con i turni per un totale utilizzo degli impianti. All’estero già funziona così. Sono andato il Primo Maggio a Londra e l’avevano già celebrato la domenica precedente».
LE REAZIONI – «La sola cosa che viene in mente a Monti è tartassare ancora di più chi già paga tutto, eliminando un po’ di festività per i lavoratori» e mantenendo allo stesso tempo «gli stipendi d’oro dei super-manager di Stato» attacca i leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro. «L’ipotesi di aumentare i giorni lavorativi, accorpando le festività, rappresenterebbe, dopo l’allungamento dell’età pensionabile, un deciso aumento della disoccupazione. Per uscire dalla crisi serve una riduzione dell’orario di lavoro, non l’aumento» interviene il segretario del Prc Paolo Ferrero.
Il tema è stato affrontato anche dal governo Berlusconi, lo scorso anno, e dopo una serie di valutazioni furono prese alcune decisioni, come ad esempio quella di far restare il 29 giugno un giorno di festa per i romani che celebrano i loro patroni, San Pietro e San Paolo. La Festività rientra infatti tra quelle che sono oggetto di accordi con la Santa Sede, come, per esempio il 25 dicembre, Natale, o il 15 agosto, l’Assunzione. Per tutti gli altri patroni si è aperta invece la via del decreto.
Ogni Comune ha il suo e a volte, come il caso di Roma, sono anche più di uno. Per le feste patronali «rilevanti e non accorpabili alla domenica «si porrà il problema di un decreto, ma in ogni caso riguarderà solo il territorio con un effetto minimo sul Pil», aveva spiegato lo scorso anno il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Da qui i tanti dubbi su come muoversi in un terreno tanto complicato. Trasferire alla normale domenica le celebrazioni di Sant’Ambrogio che i milanesi celebrano il 7 dicembre? Oppure chiedere ai napoletani di prendere un giorno di ferie il 19 settembre per partecipare alla processione della festa di San Gennaro e assistere ai riti sulla reliquia di sangue per vedere se si scioglie? Stesso discorso vale per il 25 aprile. Non solo è la festa della liberazione, festa laica e dunque eliminata, ma a Venezia, e anche a Latina, è San Marco, con le varie celebrazioni patronali. E così è a Catania il 5 febbraio per Sant’Agata o il 4 settembre a Viterbo per Santa Rosa. Per non parlare del nostro Babbo Natale, che in realtà è San Nicola e che a Bari, ma anche a Sassari, si festeggia il 6 dicembre.
Le festività dei mille campanili d’Italia sono particolarmente sentite e nelle Finanziarie di anni e anni fa c’era la corsa all’emendamento del deputato o senatore di turno per finanziare una pro-loco o proprio una festa patronale. Non esente neanche l’ultima legge mancia: tra i 63 micro-interventi figurava anche un fondo per la Festa dei ceri che si fa il 15 maggio a Gubbio proprio nell’ambito delle celebrazioni per il Santo patrono, sant’Ubaldo. Ci riprova il governo Monti a razionalizzare la giungla delle festività.
Corriere della Sera – 17 luglio 2012