Promessa mantenuta. La riforma forense è stata approvata ieri dal Senato e adesso è legge. Hanno mantenuto la parola il presidente del Senato Renato Schifani (avvocato) e il ministro della Giustizia Paola Severino (avvocato).
Il tutto malgrado le contestazioni e le proteste di chi riteneva singolare che un Parlamento che non è riuscito a riformare le provincie nè a varare una nuova legge elettorale, trovasse tempo per approvare la riforma dell’avvocatura. Tuttavia ciò che sorprende ancora di più è che anche all’interno dell’avvocatura sono forti e profonde le spaccature in merito al testo della nuova legge. Chi manifesta piena soddisfazione è, naturalmente, il Consiglio nazionale forense, artefice e sostenitore della riforma. «Il Senato ha compiuto un importante atto che corona quattro anni di lavoro, le aspettative dei cittadini, e offre migliori opportunità all’avvocatura per rendere un servizio efficiente e solidale nella amministrazione della giustizia — afferma il presidente del Cnf Guido Alpa —. La riforma approvata con legge dello Stato, attesa da oltre 70 anni, permette all’avvocatura di guardare al suo rinnovamento in un quadro di regole certe e rispettose dei principi della Costituzione».
Ma cosa cambia realmente per gli avvocati? Il testo è molto ampio ma si possono individuare alcuni passaggi che saranno fonte di discussione: le tariffe sono eliminate ma ci saranno i parametri di riferimento; nessuna apertura a soci di capitale esterno nelle società tra professionisti; saranno previste e riconosciute le specializzazioni; dei 18 mesi di tirocinio se ne potranno svolgere 6 durante l’ultimo anno di università e diventerà obbligatorio frequentare scuole di formazione riconosciute dal Cnf; i praticanti possono non essere retribuiti nel primo semestre ma poi dovranno ricevere un adeguato compenso; sarà obbligatoria un’assicurazione professionale e una anti-infortuni; infine per gli iscritti all’Albo diventa obbligatoria l’iscrizione alla Cassa forense. A tal proposito forte la soddisfazione dell’ente previdenziale di categoria: «Abbiamo un anno per redigere il nuovo regolamento — spiega Alberto Bagnoli, presidente della Cassa forense — che stabilirà tutti gli aspetti attuativi della norma, soprattutto le questioni dei minimi contributivi e del trattamento previdenziale e lavoreremo sodo per dimostrare agli avvocati che la nuova norma è una conquista per tutta la categoria. La tutela previdenziale non deve essere un servizio condizionato al reddito ma un diritto di tutti i professionisti».
La pensano in maniera radicalmente diversa i giovani avvocati che si affidano alla rete per manifestare il loro dissenso. «Questa norma porterà alla cancellazione dall’Albo di 40 o 60 mila avvocati — sostiene Cosimo Matteucci, presidente di “Mobilitazione generale avvocati” — la Cassa ha parametri reddituali all’interno dei quali non rientrano decine di migliaia di avvocati, quasi tutti giovani. È una selezione della razza».
Per la verità sono tante le voci del dissenso, per esempio quello che arriva da Ester Perifano, segretario gnerale dell’associazione nazionale forense: «Quello che il Parlamento consegna al Paese è un impianto normativo antiquato, obsoleto e presenta molti punti assai dubbi dal punto di vista costituzionale. Non è stato riformato l’Esame di Stato, le scuole obbligatorie renderanno impossibile la pratica in studio e le specializzazioni sono un pasticcio». Persino l’Oua, alleato storico del Cnf sulla riforma, ha avanzato, col suo nuovo presidente Nicola Marino, diverse perplessità, soprattutto «per quanto riguarda la tutela ai giovani e il mancato accesso programmato all’Università». Tanta fretta non ha prodotto condivisione.
Isidoro Trovato – Corriere della Sera – 22 dicembre 2012