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Bandiera veneta, in aula la legge: «Obbligatoria negli uffici statali». Oggi il via libera, chi trasgredisce sarà multato. Scontro continuo sul referendum

Le prefetture, innanzitutto, longa manus sul territorio del (contestatissimo) governo centrale. Ma anche i tribunali e la corte d’appello, le caserme e i comandi dei carabinieri, le questure, la direzione scolastica regionale, il provveditorato alle opere pubbliche. Su tutti questi uffici dello Stato, da domani, dovrà sventolare la bandiera del Veneto col leone di San Marco.

Torna infatti in consiglio regionale oggi, con ottime probabilità di venire approvata entro sera, la legge dedicata all’uso (ma sarebbe meglio dire all’obbligo di utilizzo) dei simboli della Regione, legge con cui l’aula decise di chiudere i battenti prima della pausa estiva, rinviando il voto finale alla ripresa dei lavori nella speranza che le vacanze portassero consiglio rispetto ad alcuni punti contestati e giuridicamente scivolosi. La relatrice Silvia Rizzotto, capogruppo della Lista Zaia, fa sapere di aver depositato già in quell’occasione, all’inizio di agosto, un corposo pacchetto di emendamenti, che sarà completato oggi («Abbiamo migliorato il testo senza snaturarlo») e il presidente dell’assemblea, Roberto Ciambetti fa sapere che «le condizioni per chiudere ci sono».

La principale novità, messa a punto su richiesta del governatore Luca Zaia in persona, riguarda l’obbligo di esposizione del gonfalone regionale (che è cosa diversa dalla bandiera della Serenissima) in tutti gli uffici statali, circostanza che Zaia tratteggiò con un esplicito riferimento alle prefetture, forse il Palazzo più odiato dai leghisti (da anni combattono una battaglia senza quartiere per abolirle). «Se non esporranno la bandiera, a quel punto troverei opportuno multarle» aveva aggiunto il governatore. Le multe vanno da 100 a 1.000 euro. Spiega Rizzotto: «La richiesta del presidente è assolutamente condivisibile ed è stata accolta. Provocherà l’impugnazione della legge da parte del governo? Benissimo, ce la vedremo davanti alla Consulta». Vengono poi specificati alcuni punti contestati un mese fa, che avevano messo in imbarazzo la stessa maggioranza: non sono previste sanzioni a carico dei privati, che sono e restano liberi di esporre quel che vogliono, purché «in modo decoroso»; viene eliminato l’obbligo di esposizione del gonfalone il 22 ottobre di ogni anno, data inizialmente pensata come ricorrenza del plebiscito del 1866 ma che ora rischia di suonare celebrativa del referendum autonomista voluto da Zaia; viene meglio definita la questione della promozione coordinata dell’immagine della Regione su alcune specifiche categorie di beni e servizi attraverso loghi speciali. E non va dimenticato che la legge prevede anche la «fascia del presidente», sull’esempio di quella tricolore dei sindaci (sarà «rosso Tiziano»).

Intanto continua lo scontro politico in vista del referendum del 22 ottobre e in prima linea, acceso sostenitore del No, c’è il consigliere dem Graziano Azzalin, che dopo aver annunciato col deputato Alessandro Naccarato un esposto alla Corte dei conti, in un’interrogazione chiede ora a Zaia di precisare le cifre esatte del «residuo fiscale» che il Veneto lascerebbe a Roma ogni anno, perno su cui i comitati del Sì stanno costruendo la loro propaganda: «Nel suo programma Zaia parla di 19,3 miliardi, con Libero è salito a 21 miliardi, il suo vice Forcolin scende vertiginosamente a 4 miliardi. Basta bufale, basta alimentare facili illusioni facendo a gara a chi a chi la spara più grossa. Se non si cambia la Costituzione il residuo fiscale non si può trattenere».

In serata, Zaia è stato protagonista di un confronto proprio sull’autonomia nella cornice della BerghemFest, la festa della Lega bergamasca, insieme ai governatori di Lombardia e Liguria Roberto Maroni e Giovanni Toti. Durante il dibattito si è parlato anche di immigrazione, ius soli e del possibile candidato premier delle Politiche

Corriere del Veneto – 29 agosto 2017

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