«Spero che qualche gruppo presenti un emendamento alla legge sul gonfalone Veneto che ne imponga l’esposizione nelle prefetture: se non lo fanno, a quel punto sarebbe giusto elevare le multe». Il presidente della Regione Luca Zaia in mattinata aveva rilanciato il progetto di legge sulla bandiera veneta smorzando la polemica sulle multe («non sono previste per i privati») e chiamando all’orgoglio del vessillo tutte le sedi statali venete. Ma in serata a Palazzo Ferro Fini è finita tra risate e promesse di modifica nell’ultima seduta del Consiglio Regionale prima della pausa estiva. Troppi svarioni da correggere, se ne riparlerà a settembre. È stata la stessa relatrice Silvia Rizzotto, mentre cercava di reprimere il sorriso, a suggerire il rinvio. Dall’esame in aula, il progetto era uscito a pezzi. La legge mette al presidente della Regione una fascia come quella dei sindaci ma senza tricolore, obbligatoria in tutte le occasioni ufficiali. Marino Zorzato (Ap): «Me lo vedo Zaia che si mette la fascia. E poi, la multa, chi gliela fa?».
Perché ci sono le multe, da cento a mille euro per chi non espone la bandiera in tutti i casi nei quali secondo il progetto di legge è obbligatorio. E sono tanti. Dal Mose al Passante, dal campanile della chiesetta di paese alla sede del Patriarcato di Venezia, il vessillo dovrebbe sventolare su ogni tetto e infrastruttura: sedi regionali e di società partecipate, Comuni, Province, Città Metropolitane, Consorzi, comunità montane, enti vigilati dalla regione, enti pubblici che ricevono finanziamenti dalla Regione, nei seggi elettorali (questa norma va letta insieme all’obbligo di esporla sempre il 22 ottobre di ogni anno e per l’intera giornata), scuole e università dal primo all’ultimo giorno di lezione, «su tutte le opere, beni e servizi pubblici acquistati o realizzati con contributo regionale » e a qualsiasi manifestazione cui Palazzo Balbi abbia contribuito. E, anche, «ogni qualvolta sia esposta la bandiera della Repubblica o dell’Unione Europea». Il che obbligherebbe le prefetture, come desidera Zaia. Piero Ruzzante (Mdp): «Ma se l’Italia vince i mondiali e la gente mette il tricolore alle finestre, sarà multata per non aver messo il gonfalone? ».
Poi la bandiera non va tenuta fuori di notte ma ritirata al tramonto (articolo 5) o se resta fuori di sera, va illuminata. Zorzato: «Dobbiamo spendere 15 milioni di euro per implementare questa legge. Già me le vedo le scuole, una coop esterna che va a togliere le bandiere di notte o che va ad accendere la luce. E già me li vedo tutti i campanili con la bandiera del Veneto il 22 ottobre, listata a lutto o a mezz’asta». L’indicazione del 22 ottobre richiama il plebiscito del 1866 dell’annessione all’Italia e al prossimo referendum per l’autonomia del Veneto: per allora quella sulla bandiera sarà legge e nei seggi elettorali e in ognidove sventolerà il gonfalone. «Legge leghistissima, si fa un uso smodato della simbologia venetista», accusa Graziano Azzalin (Pd). A riportare la calma, l’intervento dell’assessore Elena Donazzan: «Si vede la questione come un aut aut. Per me l’identità nazionale è quella della patria, del tricolore. E la bandiera veneta è la mia bandiera. Non Voglio dover scegliere tra le due, aut aut. Per me è et et. Per questo voto la legge».
Alla fine la bandiera del Veneto tutti i consiglieri di tutti i gruppi l’hanno nel cuore e la legge – ritoccata nelle sanzioni e nella pletora di luoghi e occasioni nei quali è obbligatoria – sarà approvata a settembre. Non è detto che in quella sede trovi spazio l’accelerazione di Zaia sull’obbligo per le prefetture e relative sanzioni (pare che il caso sia nato da Treviso) perché nessun gruppo è sembrato disposto a presentare un emendamento. «Qui gli uffici dello Stato si vergognano di esporre la bandiera del Veneto – ha accusato Zaia – Non ce l’hanno? Gliela diamo noi». La partita è strettamente legata al referendum dell’autonomia (in consiglio nasce un intergruppo per il sì con Sandonà, Dalla Libera, Barison, Ferrarti e l’ok di Zottis e Guarda). Il ricorso al Tar del gruppo veneziano 7 Luglio non preoccupa il presidente. «Controdedurremo puntualmente ma noi il referendum lo facciamo». Incassa con nonchalance il Sí del Pd. «I partiti si adeguano alla chiamata di popolo, marciano al fianco. Mai davanti». E alla richiesta del sindaco di Vicenza Achille Variati di condividere l’autonomia con Comuni e Province risponde sì. «Assolutamente sì, c’è una Regione che porta a casa l’autonomia e deve dare ai territori».
Corriere del Veneto – 2 agosto 2017