«Policentrismo»: su questa parola si gioca la partita a scacchi sulla sanità del futuro tra Belluno (centro decisionale dell’Usl 1) e Feltre (cuore dell’Usl 2), a pochi giorni dall’audizione in Regione sulla riforma delle aziende sanitarie venete. Martedì, i presidenti delle Conferenze dei sindaci delle varie Usl saranno chiamati a esprimere la propria posizione riguardo alle possibili unificazioni.
Il problema è che a Feltre vorrebbero tenere in piedi le due Usl attuali, mentre a Belluno i sindaci parrebbero più favorevoli a un coordinamento unico a livello provinciale, con l’ospedale del capoluogo destinato a diventare un «hub sanitario» (ovvero un centro di riferimento territoriale). In entrambi i casi, però, si parla di policentrismo, pur con accezioni diverse.
«Lunedì si riunirà la nostra Conferenza dei sindaci per la discussione di un testo condiviso da portare in Regione – ha spiegato il sindaco del capoluogo, Jacopo Massaro – Il disegno di legge regionale toglie poteri alla Conferenza, ai direttori generali e persino al consiglio regionale: in pratica, tutto si concentrerà nelle mani della giunta e di un alto funzionario. L’impostazione non è condivisibile, la rappresentanza territoriale deve avere la sua centralità». Per questo, ha aggiunto, «quello che ci preme è che siano garantiti il policentrismo, il rafforzamento della rete di medicina d’urgenza e il rispetto della legge che parla di una programmazione sanitaria a livello provinciale, anche sotto il punto di vista finanziario».
Il sindaco di Feltre, Paolo Perenzin, accoglie con riserva la posizione di Massaro. «Bene il policentrismo, ma questo è incompatibile con l’idea di un ospedale hub – ha commentato – La presenza di una struttura principale con altri ospedali collegati è un monocentrismo che prevede dei satelliti. Il policentrismo, invece, significa rinunciare all’hub e fare diventare la rete degli ospedali un unico ospedale». Il coordinamento provinciale a livello sanitario? «Si può fare anche con due Usl – spiega – Le ultime valutazioni regionali mettono al vertice della capacità gestionale le due aziende più piccole, ovvero la nostra e quella rodigina di Adria. La sanità migliore non si ottiene per forza con Usl più grandi».
L’importante, ha concluso, «è avere alti livelli di autonomia. Ripensiamo alla sparizione dell’azienda di Agordo e di quella di Pieve di Cadore: con il passare degli anni ci si è accorti che non c’è stato alcun guadagno. Noi feltrini non vogliamo fare la stessa fine».
Corriere del Veneto – 4 settembre 2015