Il presidente del Pd, ministro della Salute negli anni ’90 e artefice della riforma ter, torna a parlare di sanità sollecitata dall’euro parlamentare Sassoli (Pd).
E scopriamo una Bindi fervente federalista e sostenitrice di una “vera aziendalizzazione del Ssn”.
Dibattito interno al Partito democratico, ieri sera, presso lo storico cinema Farnese nel cuore della capitale. Nel corso del primo di una serie di incontri organizzati dall’europarlamentare Pd, David Sassoli, si è parlato di Sanità insieme al presidente del partito, Rosy Bindi.? Dopo una breve introduzione all’argomento nella quale l’europarlamentare ha criticato fortemente quel sistema federale che, a suo dire, “ha creato 20 diverse sanità autonome”, chiedendosi come “può vivere un bene pubblico come il Ssn, in un Paese che ha deciso di portare avanti questa follia?”, è intervenuta la presidente del partito, toccando vari argomenti chiave, non sempre in linea con le argomentazioni portate avanti da Sassoli. ?
Mentre secondo Sassoli, dietro il federalismo c’è tra l’altro la volontà di “rendere insostenibile questo bene comune, per poter aprire definitivamente in tal modo la porta ai privati”, la Bindi gela l’incipit antifederalista del parlamentare europeo sostenendo che “di certo non si può tornare indietro da quel sistema federale ormai inevitabile”. Anzi, il federalismo “ha il pregio di riuscire a venire incontro alle differenti peculiarità che caratterizzano le varie regioni italiane”, anche se per le regioni in deficit, è sempre la Bindi a parlare “il commisariamento non può ridursi solo a controlli di bilancio, se prima non si individuano i livelli essenziali di assistenza nelle varie Regioni che presentano criticità”.
Proprio questa, ha sottolineato la presidente Pd, “è stata la più grave mancanza degli ultimi anni: la mancata individuazione dei Lea nel campo sociale, nell’integrazione socio-assistenziale”.
Il Ssn per Bindi è stato fortemente danneggiato nel corso del Governo Berlusconi, soprattutto da “tutti quei tagli nascosti come la mancanza di investimenti o il blocco del turnover, che rischiano di abbassarne il livello qualitativo oltre che rendere più difficile il governo della spesa”.
Per la presidente Pd, in conclusione, “si sarebbe dovuta fare una vera aziendalizzazione della Sanità, lasciando libertà ai direttori generali e attribuendo loro solo due vincoli: il bilancio e il raggiungimento dei livelli di salute dati dalla programmazione”.
Quotidianosanita.it – 11 novembre 2011