Il pacco-dono della legge di Stabilità 2016 è come sempre pieno di novità. Dai piani di rientro per gli ospedali in deficit alle misure sui farmaci innovativi, dai soldi per le borse di studio agli specializzandi fino al piano assunzioni, confezionato in fretta per far fronte all’emergenza orari di lavoro. Ma se la ministra Lorenzin canta vittoria, i medici attaccano: «Ssn depauperato» e sulle risorse umane è «gioco di prestigio». Intanto, le Regioni ammorbidiscono i toni ma confermano i conti con il segno meno. E rilanciano l’allarme: rapporto deficit/Pil ai minimi storici
Per il ministro dell’Economia Pier Cario Padoan, intervenuto giovedì scorso a chiudere la discussione m Aula a Montecitorio, subito prima del voto e della terza lettura al Senato, la legge di Stabilità 2016 è uscita «rafforzata» dal dibattito parlamentare. Confermate le previsioni del Def, «nonostante lo scenario internazionale più difficile», l’Italia e la sua economia sembrerebbero muoversi «nella giusta direzione», ha affermato il ministro. Stesso modi e toni analoghi si ritrovano nelle affermazioni della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, quando la telecamera si sposta dal macro scenario del Paese al territorio Ssn. 111 miliardi in dotazione al Fondo, il piano assunzioni, le misure sui farmaci innovativi, la stretta sulle aziende ospedaliere in deficit e l’opera di razionalizzazione messa in campo con la centralizzazione degli acquisti, i soldi per le borse di specializzazione in medicina. Questi e altri contenuti della manovra 2016 sono presentati come tasselli con il “segno +” di un puzzle che finalmente ci si può permettere di completare.
Eppure. A guardare l’altro rovescio della medaglia, i protagonisti del Ssn non si dicono certo soddisfatti. Anzi. Il 16 dicembre, proprio mentre Lorenzin illustrava con soddisfazione il “pacchetto manovra”, in tutta Italia la protesta trasversale e compatta dei medici – 75% di adesioni – raccontava di una sofferenza e di una esasperazione giunte al culmine e certo non tacitate da segnali importanti che in questi ultimi mesi il Governo si è affrettato a lanciare: dal testo sulla responsabilità professionale degli operatori salutari, condotto in porto (intanto in commissione Affari sociali) dal deputato e responsabile Sanità Pd Federico Gelli fino al piano assunzioni di camici bianchi e infermieri, elaborato in fretta e furia dall’Esecutivo per far fronte – imbarcando anche le norme sugli audit clinici del testo Gelli – all’emergenza imposta dall’applicazione della direttiva Ue sugli orari di lavoro
«Stiamo uscendo da una fase di crisi economica – ha affermato Lorenzin in risposta alle proteste dei medici – bisogna farlo con razionalità secondo i fabbisogni reali di ogni singola Regione in modo complessivo per tutto il personale».
Ma il ‘”personale” non ci sta , a quello che il leader dell’Anaao-Assomed Costantino Troise ha ribattezzato come «l’ennesimo gioco di prestigio » , che porterà dritto ad altre 38 di sciopero per gennaio. Si protrae la logica del precariato e dello sfruttamento – puntano il dito i sindacati davanti a un programma che ipotizza, «a invarianza del tetto per la spesa del personale congelata al lontano 2004», la stabilizzazione dei precari e l’avvio di concorsi che potrebbero rimpolpare gli organici fino a unità. Ma è tutto da vedere, mentre le risorse arriveranno dalle Regioni che, ne è convinta la ministra, sapranno trovarle dai risparmi ottenuti dalle razionalizzazioni».
«Non era sufficiente – è la domanda che, dando voce a molti, posto la senatrice Nerina Dirindin (Pd) – permettere l’assunzione di personale ove giustificato dalle criticità nell’erogazione dei servizi e previa autorizzazione dei ministeri competenti, nel rispetto della spesa complessiva prevista per ciascuna Regione?».
Già. Le Regioni. Rispetto all’impostazione iniziale, i governatori hanno ammorbidito i toni ma nella sostanza i calcoli che hanno continuato a presentare , insieme agli emendamenti alla manovra rimasti in gran parte lettera morta, esprimono molte criticità. Sulle misure di spending review, ricordano infatti nel parere messo a punto dalla commissione Finanze guidata da Massimo Garavaglia (Lombardia), il 36% consiste nella riduzione del Fondo sanitario nazionale, poiché il Fsn per il 2016 pari a 113 miliardi, viene previsto per 111 miliardi. «Mentre – si legge ancora nel testo – al settore sanitario viene chiesto un contributo al risanamento di 14,7 miliardi (di cui 4,3 mld solo nel biennio 2015-2016)».
Come richiamato non solo dalle Regioni ma da altre fonti autorevoli come l’Ufficio parlamentare di Bilancio, il rapporto Fsn/Pil raggiunge invece i minimi storici. Il Fsn si contrae dell’1,8% a fronte di una crescita del Prodotto interno lordo nominale dell’1,47% (Pii programmatico): l’incidenza del Fsn sul Pil è al livello più basso dall’inizio del decennio, al 6,6% del Pil. Nel complesso, la spesa sanitaria rappresenta circa il 16% della spesa primaria statale e concorre ai tagli complessivi per il 36%. La razionalizzazione, ne sono convinti al Governo , potrà dare un contributo notevole e consentire di reinvestire i risparmi. Ma impegni ineludibili come i nuovi Lea (800 min dal Fsn), il rinnovo dei contratti (2,1 mld), i farmaci innovativi e il Piano vaccini fanno temere che la coperta dei risparmi sia troppo corta e piena di falle drammatiche. Che si chiamano, anche, risposta alle emergenze cronicità e non autosufficienza.
Barbara Gobbi – Il Sole 24 Ore sanità – 22 dicembre 2015