Qualche rischio per la salute, a mangiare troppa carne, ci può essere. Però attenzione a non creare facili allarmismi, perché a fare di tutta l’erba un fascio si possono provocare danni – enormi – per l’economia e l’occupazione. All’indomani dello studio Oms che ha inserito alcuni tipi di carne tra le sostanze potenzialmente cancerogene, istituzioni e mondo produttivo fanno quadrato. E rispondono in blocco agli avvertimenti sui pericoli in materia di «alimentazione e salute» diffusi dal mondo scientifico.
Da Bruxelles, il commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare fa sapere che la Commissione Ue «analizzerà lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità sui possibili effetti cancerogeni della carne rossa e degli insaccati». E poi, avvalendosi anche dell’aiuto del personale dell’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, la stessa Commissione «si esprimerà in merito». Posto che le normative in vigore «garantiscono già i più elevati standard di sicurezza».
Sempre da Bruxelles, l’industria europea della lavorazione delle carni (Clitravi) respinge al mittente la tesi sul rischio cancro per l’uomo legato al consumo di carni rosse. «Esistono ampie prove scientifiche sui benefici derivanti dal consumo di carne nell’ambito di una dieta sana – ha precisato l’organizzazione – e la carne e i prodotti a base di carne sono una fonte essenziale di nutrienti, tra cui proteine e vitamine del gruppo B».
Da Strasburgo, l’europarlamentare, Paolo De Castro, osserva che «una condanna senza distinzioni non permette una corretta informazione del consumatore e rischia di amplificare la logica perversa ed estremamente parziale di sistemi di etichettatura degli alimenti non corretti».
Dall’Expo, a Milano, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, sottolinea che «non bisogna generalizzare e cadere in allarmismi, come è stato ribadito dagli esperti, mentre dobbiamo continuare il lavoro di educazione alimentare portato avanti anche nei sei mesi di Expo». D’altra parte, ha aggiunto Martina, «in Italia abbiamo i più alti standard qualitativi e di sicurezza a livello mondiale sulla produzione e lavorazione di carni».
Anche la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, a margine dell’Expo dice che «dobbiamo proporre un’educazione all’alimentazione corretta che tra l’altro è nella nostra cultura, non creare allarmismo tra i nostri cittadini».
Resta il fatto che in un Paese come l’Italia e i suoi territori più vocati alle produzioni zootecniche, il tam-tam dello studio Oms potrebbe avere effetti devastanti su consumatori, produttori e occupati.
«I falsi allarmi lanciati sulla carne mettono a rischio 180mila posti di lavoro – avverte il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – in un settore chiave del made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi, un quinto dell’intero agroalimentare nazionale». «La qualità della carne italiana – aggiunge Moncalvo – dalla stalla, allo scaffale, è diversa e migliore. E i cibi sotto accusa, come hot dog e bacon non fanno parte della tradizione nostrana. Nel nostro Paese i modelli di consumo della carne si collocano perfettamente all’interno della dieta mediterranea, fondata su una alimentazione che si basa su prodotti locali, stagionali, freschi».
«Sul settore della carne – avverte Confagricoltura – riscontriamo un allarmismo inutile, con ripercussioni sui consumi che potrebbero essere peggiori del periodo della Bse. Si sta facendo una pericolosa caccia alle streghe». Oltre tutto, ricorda il presidente della Cia, Dino Scanavino, «in Italia il consumo di carni e salumi è metà della soglia di rischio indicata dalla stessa Oms: attualmente si attesta sotto gli 80 chili pro capite, di cui 21 di carne bovina».
Massimo Agostini – Il Sole 24 Ore – 28 ottobre 2015