Caccia, periodo più lungo per addestrare cani. Consulta boccia Veneto: “Non è costituzionale”
La Corte Costituzionale, con la sentenza 193/13 depositata il 17 luglio scorso, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle recenti disposizioni di Veneto e Lombardia che avevano sancito la possibilità di estendere l’addestramento dei cani da caccia su tutto il territorio regionale e fuori dai periodi consentiti.
In particolare, il residente Franco Gallo, affiancato dai giudici Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro, Paolo Maria Napolitano, Alessandro Criscuolo, Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi, Marta Cartabia, Sergio Mattarella, Mario Rosario Morelli e Giancarlo Coraggio hanno dichiarato incostituzionale l’art. 2, commi 2 e 3, della legge della Regione Veneto del 10 agosto la n. 31 (Norme regionali in materia di benessere dei giovani cani) e la legge della Regione Lombardia del 31 luglio 2012, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”).
Cani caccia topI rilievi alla Corte erano stati mossi dal presidente del Consiglio con i ricorsi notificati il 2 e 4 ottobre e il 16 e 19 ottobre 2012. In entrambi i ricorsi si contestava la possibilità di aprire l’attività di addestramento dei cani prima del periodo consentito e su tutto il territorio regionale. In particolare il Veneto aveva inserito nelle attività di movimento dei giovani cani anche quelle necessarie all’esercizio all’attività venatoria. Quest’ultima previsione è stata ritenuta illegittima dalla Corte perché “l’attività è assimilabile in tutto e per tutto alla materia della caccia” e il suo svolgimento quindi, dovrebbe essere consentito solo nelle apposite aree istituite come stabilito dalla legge sulla Caccia 157/92.
La Corte ha chiarito che “la disciplina statale che delimita il periodo entro il quale è consentito l’esercizio venatorio è ascrivibile al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente vincolante per il legislatore regionale”, come già era stato previsto nel parere dell’Istituto Superiore per Ricerca Ambientale (Ispra). Accogliendo entrambi i ricorsi, la Corte ha dichiarato quindi illegittime le disposizioni. Per il Veneto ha inoltre ritenuto illegittima anche la norma che consente che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante un tatuaggio. L’articolo 2, comma 2 della Legge della Regione Veneto n. 31 del 2012, rinviando all’articolo 4 della Legge regionale n. 60 del 1993 (Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), nella parte in cui consente, attraverso il rinvio al procedimento di identificazione ai sensi dell’articolo 4 della Legge regionale n. 60 del 1993, che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio (piuttosto che mediante microchip), contrasta sia con la normativa comunitaria (articolo 4, comma 1, del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 998/2003), in violazione dell’art. 117, primo comma della Costituzione, sia con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute (ordinanza 6 agosto 2008 del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, da ultimo prorogata con ordinanza del Ministro della Salute del 14 febbraio 2013), in violazione dell’art. 117, terzo comma della Costituzione.
L’europarlamentare Andrea Zanoni, vicepresidente dell’Intergruppo per il Benessere e la Conservazione degli Animali al Parlamento europeo ha commentato. “Con questa sentenza si è ristabilita la legalità. I consiglieri regionali di Veneto e Lombardia avevano voluto fare l’ennesimo regalo ai cacciatori, ma la loro ignoranza in materia gli si è ritorta contro come un boomerang. L’allungamento del periodo di addestramento dei cani da caccia era stato già bocciato dall’Ispra in risposta a un parere che ho chiesto personalmente il 10 agosto 2012 in quanto le previsioni della Lombardia e del Veneto avrebbero messo a rischio la sopravvivenza di molte specie. Per le stesse ragioni mi ero rivolto anche al Governo invitandolo a impugnare le due scellerate leggi. La Direttiva Uccelli 2009/147/CEE vieta di disturbare, danneggiare e distruggere la fauna con particolare riferimento ai pulcini, cuccioli e nidi nel periodo della riproduzione. Con la legge veneta si sarebbero potuti allenare i cani da caccia per 365 giorni l’anno, anche in primavera quando mammiferi e uccelli sono in pieno periodo riproduttivo con i pulcini e i cuccioli dipendenti dai genitori, mettendo a rischio la loro sopravvivenza, nonché le uova nei nidi, addirittura all’interno delle zone di protezione speciale e nei siti di importanza comunitaria della Rete Natura 2000, dove l’Europa impone la massima tutela per la fauna”.
L’Eco delle valli – 27 luglio 2013