Maurizio Tropeano. Un vertice di tutta la filiera per provare a frenare la crisi della suinicultura italiana. L’appuntamento è fissato a Brescia il 14 giugno. Il motivo? Il prezzo pagato ai produttori è in caduta libera: «Al di sotto dei costi, una flessione che, nei soli ultimi 5 mesi è stata intorno al 20% sia per le scrofe che per i suini da macello», spiega Renato Silvestro che alleva suini in provincia di Cuneo ma è anche responsabile Cia per la zootecnia in Piemonte.
Secondo Agrinsieme in sei mesi, dal settembre dell’anno scorso al febbraio del 2016 il prezzo al chilo per le scrofe è sceso da 55 a 43 centesimi, quello dei suini da macello da 1,4 a 1,2 euro. «Questa crisi rischia di travolgere, dopo le già tante chiusure, altri allevamenti nella provincia Granda». Coldiretti allarga la prospettiva: dall’inizio della crisi nel 2008 dalle stalle sono scomparsi seicentomila maiali, sostituiti dalle importazioni di carni suine estere. La conseguenza? La chiusura forzata di circa il 10% delle stalle.
Adesso «serve uno scatto in avanti», spiega il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina. E aggiunge: «È sempre più urgente mettere in campo strumenti concreti di tutela del reddito delle imprese, in particolare di filiere in difficoltà come quelle del latte e della suinicoltura». In questi mesi il governo ha aumentato la compensazione «anche per le carni suine e utilizzato al meglio lo strumento dello stoccaggio privato ottenuto in Europa, con 6 mila tonnellate di prodotti coinvolti dall’operazione». L’obiettivo del governo è di «rafforzare la filiera delle carni 100% italiane, sostenere sempre meglio l’export, aumentare l’aggregazione dell’offerta e aiutare il rilancio dei consumi».
Ben vengano i vertici ma per dirla con Silvestro la crisi è internazionale e servono azioni a livello europeo perché «con il mercato russo chiuso ( e la riapertura non è dietro l’angolo), assistiamo, in Europa, ad un’eccedenza dell’8% di carne suina». E poi c’è la Spagna che ha incrementato la produzione e «da febbraio di quest’anno è diventata il 1° produttore europeo superando la Germania». Il problema? «La Spagna esporta il 50% della carne suina che produce (30 anni fa non ne esportava un solo chilo!) e questa sua importante dipendenza dall’export la costringe ad abbassare i prezzi con la conseguente penalizzazione degli altri mercati».
L’intervento del governo è motivato anche dai numeri della filiera ritenuta di alto «valore strategico» con 26mila aziende di allevamento, di cui oltre 4.500 fornitrici di materia prima per le Denominazione di origini protette. La fase primaria di produzione agricola ha un valore intorno a 2,5 miliardi di euro, mentre i prodotti della salumeria valgono più di 7 miliardi di euro, con un valore complessivo della vendita al dettaglio di oltre 18 miliardi di euro.
Che fare, allora? Agrinsieme (Cia Confagricoltura, Fedagri e Copagri) ha chiesto al governo un piano di supporto «che attivi azioni concrete e tempestive». Tra le proposte quella di «promuovere interventi concreti verso nuovi mercati, ad iniziare dalle aree del sud est asiatico». Martina conferma l’impegno del governo «sapendo che serve un lavoro serio e con più strumenti che allarghi quanto già fatto a partire dall’ultima legge di stabilità con il taglio da 600 milioni di Imu e Irap agricola».
La Stampa – 22 maggio 2016