Il tribunale per la Funzione pubblica dell’Unione Europea, con sentenza del 13 novembre, ha annullato la nomina dell’italiano Guido Rasi a direttore dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), avvenuta il 6 ottobre 2011. L’Ema, l’organismo che decide se un farmaco può essere utilizzato o meno nei Paesi Ue, è stata quindi «decapitata» con effetto immediato.
La sentenza non ha nulla a che fare con le capacità di Rasi a svolgere i suoi compiti, bensì con un difetto procedurale nel concorso che portò alla sua nomina, in accoglimento al ricorso del bulgaro Emil Hristov.
La selezione dei candidati alla direzione dell’Ema si era svolta in due fasi: nella prima erano state esaminate da una giuria circa 50 domande, fra le quali una seconda giuria aveva scelto 4 candidati, uno dei quali era Rasi. Le due giurie erano composte prevalentemente da membri della Commissione europea e avrebbero dovuto essere formate da individui diversi, invece due di loro erano presenti in entrambe. Ciò è stato ritenuto sufficiente per annullare il concorso, nonostante lo stesso tribunale abbia precisato che il ricorrente non avrebbe comunque avuto i requisiti per vincere.
La sentenza è appellabile dalla Commissione europea presso la Corte europea, nel frattempo la conduzione dell’Ema è stata affidata al vice di Rasi, il tedesco Andreas Pott.
Poiché per istruire un nuovo concorso per direttore occorrerà almeno un anno, di fatto l’Ema viene lasciata senza una vera leadership in un momento cruciale per diversi motivi. Il primo è l’implementazione della legge sulla trasparenza dei dati clinici. Tale legge, approvata nell’ottobre scorso dopo una lunghissima battaglia, prevede che i dati presentati dalle case farmaceutiche all’Ema per ottenere l’approvazione di un farmaco dovranno essere consultabili pubblicamente a partire dal prossimo gennaio. Perché ciò avvenga, però, dovranno essere gestiti milioni di documenti da mettere online, il che richiede un grande sforzo organizzativo.
Contemporaneamente è in fase di realizzazione il portale europeo del farmaco dove, oltre ai dati di cui sopra, dovranno confluire quelli sulla farmacovigilanza, cioè sugli effetti indesiderati riscontrati sui farmaci dopo la loro commercializzazione. Terza «patata bollente» la revisione della legge sulla Farmacologia veterinaria.
Ultimo motivo, ma non per importanza, il coordinamento delle ispezioni a livello mondiale sulla produzione dei principi attivi e sulla loro catena distributiva, che è ormai globale (oltre il 60% dei principi attivi contenuti nei medicinali in commercio nella Ue è di provenienza extraeuropea).
A chi giova un’Ema debole proprio ora? Le ipotesi si sprecano. Quella di una «congiura» dell’industria per la legge sulla trasparenza viene giudicata priva di fondamento perché l’Ema, sotto la guida italiana, ha aumentato enormemente l’efficienza e ciò giova molto a chi investe. Non si vedono neppure all’orizzonte candidati di altre agenzie nazionali scalpitare per la posizione. Resta l’ipotesi, considerati alcuni precedenti, di un «messaggio» del tribunale alla Commissione europea perché si attenga tassativamente ai regolamenti.
Il risultato è, in ogni caso, un danno per l’efficienza di un’agenzia con un ruolo fondamentale, specie in una fase storica in cui l’industria del farmaco si sta spostando da un modello basato su medicine che generano ritorni economici su «grandi numeri», a uno fondato su molecole mirate ma molto costose. Una transizione che ha bisogno di essere gestita.
Cristina Marrone – Il Corriere della Sera – 16 novembre 2014