Cassazione. Infortunio. Risarcimento solo se il datore è in colpa
Il datore deve adottare ogni misura di prevenzione dettata da specifica situazione di rischio ed è tenuto a risarcire danno solo se viola obbligo diligenza nel predisporre misure di prevenzione.
Altrimenti il dipendente ha diritto, nel rispetto delle leggi, a indennizzo, salvo che non abbia messo in atto una condotta arbitraria e abnorme. Questo il “nucleo” giuridico della sentenza di Cassazione civile, sezione Lavoro, n. 6002 del 17 aprile 2012. Il caso riguarda un infermiere che lavora in una struttura sanitaria ed è tenuto a sorvegliare anche un paziente psichico. All’improvviso questi scappa e il dipendente, per inseguirlo, tenta di scavalcare il cancello dell’ospedale, ma cade e si infortuna. Si rivolge, allora, ai giudici per il risarcimento del danno dal datore di lavoro. Nei due gradi di giudizio la domanda del lavoratore viene, però, rigettata. L’infermiere ricorre in Cassazione. Secondo i giudici di legittimità, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2087 del Codice civile, esiste un obbligo di prevenzione che «abbraccia ogni tipo di misura utile a garantire il diritto dei lavoratori ad operare in un ambiente esente da rischi» (conforme, Cassazione, 4012/1998) e che, quindi, comprende ogni misura imposta dalla legge e ogni altra che, alla luce dell’evoluzione tecnica e scientifica, sia dettata dalla specifica situazione di rischio (in tal senso, anche Cassazione, 17314/2004).
Allo stesso tempo la Corte puntualizza che sul vertice aziendale non grava un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile, diretta a evitare qualsiasi danno al dipendente. La decisione in esame specifica, quindi, che affmché sorga la tutela risarcito-ria da parte del datore occorre che l’evento sia riferibile a sua colpa (in questo senso, Cassazione 8710/2007), tale aspetto costituendo insostituibile elemento della sua responsabilità contrattuale. La sentenza ricorda che il datore è chiamato a rispondere, entro i limiti dell’obbligo assicurativo, sia dei danni imputatigli a titolo di responsabilità per colpa (propria o dei propri sottoposti) sia di quelli che, nello svolgimento del lavoro, siano conseguenza di caso fortuito, di forza maggiore o anche di colpa dello stesso lavoratore. In tale ultimo ambito, tuttavia, il dipendente riceve un ristoro solo parziale, in termini di indennizzo nei limiti del trattamento assicurativo previsto, e non di risarcimento datoriale del danno sofferto. Nel caso estremo in cui il danno derivi da un atto arbitrario dello stesso lavoratore, poi, egli non ha diritto neppure all’indennizzo, perché si è interrotto ogni nesso tra attività lavorativa e infortunio.
La sentenza evidenzia che, nel corso del giudizio, non è stato provato un comportamento colpevole del datore e, dunque, non gli si poteva richiedere una diversa condotta. D’altra parte, continuano i giudici, nella vicenda è emerso un atto del dipendente (pur non determinato da «impulsi puramente personali», ma motivato da finalità produttive) caratterizzato da sua colpa. In conclusione, secondo la Cassazione, il dipendente ha posto in essere un comportamento imprudente e, dunque, ha diritto all’indennizzo, ma non al risarcimento del danno, mancando uno specifico disvalore nella condotta del datore.
Il Sole 24 Ore – 14 maggio 2012