Il medico in preda all’ansia non può essere licenziato se non si dimostra la «totale inidoneità allo svolgimento delle mansioni». Lo sottolinea la Cassazione, accogliendo il ricorso di un dirigente medico radiologo in servizio presso l’Asl di Lodi dall’ottobre 1991 che si era visto licenziare per «inidoneita’ al lavoro» in quanto, essendo affetto da una «sintomatologia ansiosa, secondo le prescrizioni mediche doveva essere esentato dai turni di reperibilità e doveva essere affiancato nella redazione dei referti da un collega».
Adesso la Cassazione non solo ha confermato l’illegittimità della rimozione del radiologo Paolo Giovanni R. ma ha disposto un nuovo esame della vicenda davanti alla Corte d’appello di Milano per stabilire l’esatto risarcimento.
In particolare, la sezione Lavoro ha sottolineato che «la Corte territoriale non solo non ha dimostrato che da parte del medico ci potesse essere un recupero della piena idoneità fisica, ma l’amministrazione, aveva omesso di provare, tenuto conto delle contestazioni effettuate sul punto dal medico che, pur con la ridotta capacità lavorativa, il dipendente non potesse svolgere mansioni compatibili con l’organizzazione aziendale».
Inoltre, aggiunge la Suprema Corte che «dalla documentazione medica prodotta risultava la mera esistenza di un disturbo d’ansia per il quale il medico competente non aveva attestato la totale inidoneita’ di Paolo Giovanni R. allo svolgimento delle mansioni cui era adibito». Già la Corte d’appello di Milano – nel 2009 – aveva condannato l’Asl a rifondere il radiologo con 100 mila euro a titolo di indennità supplementare con gli interessi legali dal licenziamento al saldo. Ora la Cassazione ha accolto l’ulteriore richiesta risarcitoria del medico
(Fonte: Adnkronos) – 27 dicembre 2012