Chi reintegra solo parzialmente un dirigente sindacale, limitandosi a pagargli lo stipendio ma rifiutando la sua prestazione lavorativa, è soggetto alla sanzione amministrativa
Il datore di lavoro che reintegra solo parzialmente un dirigente della rappresentanza sindacale aziendale, limitandosi a pagargli lo stipendio e riconoscendogli i diritti sindacali ma rifiutando la sua prestazione lavorativa, è soggetto alla sanzione amministrativa prevista dal comma 10 dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (pagamento di una somma pari alla retribuzione giornaliera spettante al dipendente, per ogni giorno di ritardo, al Fondo Inps per l’adeguamento delle pensioni).
La sanzione si applica anche in questo caso perché il semplice pagamento della retribuzione e l’eventuale riconoscimento delle prerogative sindacali non sono sufficienti a essere equiparate alla reintegrazione piena; se manca la prestazione di lavoro, quindi, si verifica il presupposto applicativo sancito dalla legge. A queste conclusioni arriva la sentenza n. 9965 dell’11 aprile 2012, con la quale la Corte di cassazione ha giudicato una complessa vicenda che partiva da un licenziamento di alcuni dirigenti sindacali. Il Tribunale del lavoro in primo grado aveva riconosciuto l’illegittimità del licenziamento intimato verso questi soggetti, ma la società non li aveva reintegrati in maniera completa: aveva adempiuto all’obbligo di pagare la retribuzione, e aveva consentito l’accesso in azienda per lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma aveva rifiutato di ricevere le prestazioni di lavoro (comportamento, questo, simile a quanto accaduto nel famoso “caso Melfi” che ha visto contrapposta la Fiat a tre rappresentanti sindacali aziendali).
A fronte di questa scelta dell’azienda, l’Inps aveva ritenuto di applicare la sanzione prevista dall’articolo 18 per i casi di mancata reintegra dei dirigenti sindacali. La società, dopo aver esperito l’appello, ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo di aver adempiuto ai propri doveri e, quindi, di non essere tenuta a pagare la sanzione. La Corte ha rifiutato questo ragionamento, osservando che è sicuramente vero che l’accettazione delle prestazioni lavorative di un dipendente rientra tra i cosiddetti obblighi di fare che, per loro natura, non sono suscettibili di esecuzione in forma specifica. Tuttavia, la Corte evidenzia che da tale assunto non si può trarre la conclusione circa l’inapplicabilità della sanzione prevista dall’articolo 18 per i casi di mancata reintegra dei dirigenti sindacali. Qusta sanzione, infatti, si applica ogni volta che il lavoratore non viene rimesso nella pienezza del diritto di cui è stata riconosciuta la lesione.
La reintegrazione completa nel posto di lavoro si verifica solo se al lavoratore sono riconosciute tutte le prerogative precedenti al licenziamento: non solo la retribuzione e i diritti sindacali, ma anche lo svolgimento della prestazione. Questa ricostruzione, secondo la Corte, è l’unica che consente di dare una tutela effettiva alle parti del processo del lavoro, che per sua natura deve mirare a ripristinare per intero la situazione anteriore al momento in cui c’è stata una lesione di un diritto.
Il Sole 24 Ore – 19 giugno 2012