In materia di sicurezza sul lavoro l’aver individuato un rischio specifico, pur in termini incerti o comunque bassi, ma non aver previsto la sorveglianza sanitaria per lo stesso, integra la violazione dell’articolo 25, lettera b, del Dlgs 81/2008 (Testo unico per salute e sicurezza) e il medico competente non può invocare a sua giustificazione l’inesistenza di un obbligo di previsione della sorveglianza per il rischio che egli stesso aveva comunque considerato sussistente.
Tale è il principio espresso dalla Corte di cassazione, con la sentenza 35425/2016 depositata ieri, chiamata a decidere avverso una sentenza di condanna per un medico competente ritenuto responsabile per l’omessa programmazione ed effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti al rischio di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori da movimenti e sforzi ripetuti.
La difesa del medico si è incentrata sull’assenza di qualsiasi obbligo per tali livelli di rischio e sul fatto che, sebbene si sia pervenuti all’individuazione di un rischio «incerto» in relazione alle condizioni di lavoro degli addetti alla cassa del supermercato, si deve tener conto che il testo unico non prevede nulla in termini di sorveglianza sanitaria per il rischio di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori per sforzi e movimenti ripetuti.
Dello stesso avviso non è stata la Cassazione la quale, riportandosi alle varie e articolate disposizioni contenute nel testo unico, ha individuato la responsabilità penale del medico competente ricorrente.
È, infatti, l’articolo 25 del Dlgs 81/2008 a prevedere l’obbligo di programmazione e di sorveglianza sanitaria, indicato all’articolo 41 , attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati.
Inoltre, nella definizione di azioni che possono dar luogo a rischi di patologia da sovraccarico biomeccanico, contenuta nell’allegato XXXIII al testo unico, vengono considerate le operazioni di movimentazione dei carichi leggeri ad alta frequenza.
Da qui, secondo la Corte, l’obbligo per il datore di lavoro di sottoporre i dipendenti alla sorveglianza sanitaria, sulla base della valutazione del rischio da effettuare in fase di programmazione e dei fattori individuali di rischio contenuti nell’allegato.
In tale fase si inserisce l’obbligo di collaborazione del medico competente, allorché sia stato nominato, con il datore di lavoro nella programmazione per la valutazione dei rischi e poi di sorveglianza sanitaria.
Su tale omessa collaborazione si fonda la sentenza di condanna a carico del medico competente, confermata dalla Cassazione.
Il Sole 24 Ore sanità – 25 agosto 2016