Ceis TorVergata, crolla la spesa sanitaria, altri tagli non sostenibili
Meno famiglie “impoverite” (-1,2%) e meno soggette a spese catastrofiche (-2,7%) per la sanità nel 2009 rispetto al 2008. Ma l’apparenza inganna: la spesa media delle famiglie impoverite è cresciuta del 2,3%.
Per le spese catastrofiche la spesa media si riduce del -2,2%, ma perché si sono ridotte tutte le voci di spesa, tranne per l’assistenza ai disabili e anziani (evidentemente incomprimibile) e per la specialistica (probabilmente per l’aumento del ticket). A ridursi di più sono le spese sostenute per infermieri e fisioterapisti (-44,7%), protesi e ausili (-37,2%) e ricoveri ospedalieri (-34,9%). Insomma, impoveriti e sottoposti a spese catastrofiche si riducono perché la crisi è tanto pesante che ci si cura sempre meno.
L’elaborazione è del Ceis, il centro di economia sanitaria dell’Università di Tor Vergata di Roma, che ha presentato la scorsa settimana il suo VIII rapporto. E il Ceis lancia l’allarme: i nuovi ticket previsti a partire dal 2014 inaspriranno la situazione con almeno 7.500 familgie impoverite in più e per quanto riguarda i tagli legati alla spending review annunciata, gli sprechi da eliminare non sono di natura economia, ma legati a una scarsa qualità in alcune aree dei servizi erogati ed è su questa che si deve intervenire.
Il Ceis ha simulato l’effetto sui bilanci delle famiglie di un aumento dei ticket di 2 miliardi, di cui 45% sui farmaci, 45% sulla specialistica e 10% sul pronto soccorso. Risultato: ci sarebbero oltre 42.000 famiglie in più impoverite. Per contenere «l’iniquità dell’impatto» è stata simulata anche un’applicazione progressiva, da un inasprimento del 5% per le famiglie più povere (esenti solo quelle povere), fino al 30% delle più ricche: le nuove famiglie impoverite si riducono a 7.500.
E se calano i consumi, si potrebbe immaginare si tratti di quelli meno necessari e quindi inapprorpiati: no, secondo il Ceis. La riduzione ha riguardato in media più le famiglie ricche che le povere: le prime rinunciano, o rimandano, le spese odontoiatriche, e più che una rinuncia a una prestazione inappropriata è una posticipazione di spese rinviabili; per le famiglie meno abbienti i consumi si riducono meno, riguardando essenzialmente farmaci e diagnostica.
La crisi quindi fa diventare tutti «più poveri». E per un certo verso «accorcia le distanze»: ma è un’equità apparente, perché, spiega il Ceis, si riducono le differenze nei consumi, ma non l’impatto della spesa sanitaria sui bilanci familiari. Il quadro non è «tranquillizzante» per il Ceis: le famiglie sono in difficoltà e lo sono ormai anche i ceti medi, che rappresentano la maggioranza; inoltre, considerando che le rinunce appaiono selettive «si conferma che la spesa privata non è accessoria e/o inappropriata: la riduzione equivale ad avere un cuscinetto in meno per alleviare le frizioni del sistema».
Secondo il Ceis poi, gli sprechi da eliminare su cui punta la stessa spending review che sta per essere messa in campo dal Governo sono spesso correlati con «significative carenze quali-quantitative dei servizi erogati». «Se è vero che disfunzioni e disavanzi sono positivamente correlati, è vero anche che la scarsa qualità è associata a bassi livelli di spesa pro-capite. Resta il dubbio che per migliorare l’efficienza allocativa e quindi della performance di sistema, vadano eliminate le inappropriatezze, ma anche colmate le vistose lacune nell’erogazione dei Lea. Il teorema che si possa avere maggiore qualità con minore spesa – mette in guardia il Ceis – sembra piuttosto un’utopia, non supportata da evidenze statistiche».
Il Sole 24 Ore Sanità – 13 giugno 2012