Con i decreti delegati del Jobs Act Co.co.co. a maglie strette nella Pa. Gli effetti della revisione delle tipologie contrattuali nel pubblico impiego
di Alfredo Casotti e Maria Rosa Gheido. Dai decreti delegati per l’attuazione del Jobs act derivano diversi effetti nel pubblico impiego in conseguenza della revisione delle tipologie contrattuali. Questo è il primo appuntamento dei tre con cui si illustrano le novità portate dal Dlgs 81/2015 per i diversi tipi di rapporto di lavoro che si possono instaurare nell’ambito della pubblica amministrazione.
Questa è la volta delle cosiddette Co.co.co, a seguire nei prossimi due numeri del «Quotidiano enti locali e Pa» verranno analizzati i nuovi contratti a tempo determinato, la somministrazione, il part time e il lavoro accessorio.
Il decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 supera la disciplina del lavoro a progetto abrogando gli articoli da 61 a 69-bis del Dlgs 276/2003 e ripristinando, dal 25 giugno 2015, i rapporti di collaborazione coordinata e continua, intesi quali «rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato» e in quanto tali attratti, dall’articolo 409 del Codice di procedura civile alla tutela giurisdizionale dei rapporti di lavoro subordinato.
La previgente disciplina continua ad applicarsi ai soli contratti in corso alla data di entrata in vigore del Dlgs 81/2015. Inoltre, il comma 1 dell’articolo 2 dello stesso decreto n. 81 sancisce che dal 1° gennaio 2016 l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato si renderà applicabile ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa «che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».
Le collaborazioni coordinate e continuative nella Pa
Così come non si applicava alle amministrazioni pubbliche la disciplina del lavoro a progetto di cui all’articolo 61 e seguenti del Dlgs 276/2003, cosi non si applica alle stesse amministrazioni la nuova disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa introdotta dall’articolo 2, comma 1, del Dlgs 81/2015. L’esclusione è espressamente sancita dallo stesso articolo 2, comma 4, che ne rimanda l’applicazione in attesa del completo riordino della disciplina dei contratti di lavoro flessibile.
Dal 1° gennaio 2017 è, però, fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1 del richiamato articolo 2.
Fino al completo riordino del lavoro flessibile nel pubblico
Nelle more del suddetto riordino le amministrazioni pubbliche continuano pertanto ad applicare l’articolo 7, comma 6 del Dlgs 165 /2001 che consente di conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, a fronte di esigenze cui non possono fare fronte con personale in forza.
E’ però necessario che:
a) l’oggetto della prestazione corrisponda a obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’amministrazione abbia preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione sia di natura temporanea e altamente qualificata, tanto che l’eventuale proroga abbia solo la funzione di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Collaborazioni «vietate» e danni risarcibili
Vale anche in questa materia la regola generale per il pubblico impiego, pertanto l’impiego di collaboratori in violazione delle regole sopra riportate non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Il lavoratore interessato ha però diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.
Pertanto, il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.
Il Sole 24 Ore – 2 luglio 2015