Nuovo tonfo delle quotazioni tanto da far sospettare manovre speculative, come denunciano gli allevatori di Anlac. Il problema al centro di un’interrogazione alla Commissione europea presentata da Mara Bizzotto
Non accenna a fermarsi la caduta del prezzo dei conigli. Dopo la forte flessione registrata nei giorni scorsi sulla piazza di Verona (si veda Agronotizie) con un crollo del 13% del prezzo, anche nella più recente seduta di fine febbraio la borsa merci veronese ha fatto registrare un ulteriore calo. Il prezzo dei conigli si è così fermato ad appena 1,51 euro per kg. Una debacle per gli allevamenti, costretti a produrre in perdita, che non trova giustificazione nella normale logica di incontro fra domanda e offerta alla quale sono affidati gli andamenti di mercato. Le cause, questa la denuncia che viene da Anlac (Associazione nazionale liberi allevatori di conigli), vanno ricercate nelle distorsioni di mercato europeo delle carni macellate. In questo momento, sostiene Anlac, in Francia, Ungheria e Spagna i conigli vivi valgono molto di più di quelli italiani mentre paradossalmente quelli macellati valgono molto meno. Così le importazioni sottocosto di carni di coniglio tendono ad abbassare in modo artificioso le quotazioni del coniglio sulle piazze italiane. Un fenomeno che si ripete ciclicamente, come denunciano da tempo gli allevatori.
L’interrogazione
Una situazione insostenibile sulla quale è intervenuta l’eurodeputata Mara Bizzotto (Lega Nord) con una interrogazione parlamentare rivolta alla Commissione europea. “Considerato l’elevato livello di autoapprovvigionamento del mercato italiano – si legge fra l’altro nell’interrogazione – l’aumento progressivo dell’import rappresenterebbe piuttosto un espediente funzionale a calmierare i prezzi del mercato italiano e non la necessità di colmare la crisi di offerta dovuta alla chiusura degli allevamenti italiani.” Sulla scorta anche di queste considerazioni l’interrogante chiede alla Commissione se l’immissione nel commercio in Italia di carni cunicole provenienti dalla Francia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all’interno della stessa Francia, delinei una discriminazione internazionale dei prezzi tesa ad alterare la struttura del commercio fra Stati europei. E non è finita qui. C’è anche il dubbio che la Francia stia finanziando le proprie imprese con aiuti di Stato, che come noto sono incompatibili con le norme comunitarie. Non si spiegano altrimenti questi commerci in dumping.
Parola d’ordine, aggregazione
Non sappiamo quale sarà la risposta di Bruxelles. C’è da dubitare però in un intervento risolutivo e saremmo meravigliati del contrario. Perché in Europa l’allevamento del coniglio è marginale, interessando solo poche nazioni. Più efficace sarebbe la presenza in Italia di una forte organizzazione dei produttori cunicoli, capace di aggregare al suo interno l’intera filiera. Un obiettivo quanto mai arduo da realizzare, ma non per questo bisogna arrendersi. Purché gli allevatori capiscano quanto sia importante unire gli sforzi per un obiettivo comune.
Agronotizie – 6 marzo 2014