di Francesco Clemente. Anche se le norme sui risparmi di spesa in sanità consentono di affidare senza gara pubblica la stessa fornitura all’impresa che ha già contratti con la Pa, quest’ultima non può abusare di questa deroga affidando in via diretta servizi diversi.
È di fatto un richiamo al corretto uso e risparmio dei fondi per beni e servizi quanto precisato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 4133/2015, che ha annullato un affidamento disposto da un’azienda sanitaria locale con le norme speciali per la sanità del decreto “spending review-bis” (lettera b e d, comma 13, articolo 15, Dl n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012)
Le regole
In base a queste disposizioni, le Asl «che abbiano proceduto alla rescissione del contratto, nelle more (…) delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità dei beni e servizi indispensabili (…), stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre aziende sanitarie mediante gare di appalto o forniture». Nel caso di specie, come contestato da un’impresa di strumenti medici, l’Asl – nata dalla fusione di due ex aziende – anziché indire una nuova gara per la vicina scadenza degli appalti di due ditte fornitrici di dispositivi diagnostici, aveva assegnato in via diretta a quest’ultime anche un distinto contratto per uniformare il sistema informatico radiologico dei vecchi enti. Per la Pa, la deroga era giustificata da un appalto già bandito per tali sistemi, ma in realtà per il globale riordino della tecnologia – il servizio in esame – non vi era alcuna delle prescritte convenzioni Consip o regionali.
Deroga con limiti
Per i giudici, la deroga ammette «l’utilizzo di altre convenzioni (…) sempre che tale utilizzo risulti più conveniente sotto il profilo economico (richiesto risparmio superiore al 20%, ndr) comparazione questa che presuppone logicamente la sostanziale omogeneità delle prestazioni richieste dall’ amministrazione in entrambi i contratti». In particolare, essa «va applicata nei limiti ristretti indicati dal legislatore senza possibilità di interpretazioni estensive che sarebbero in contrasto con la portata precettiva della normativa comunitaria che obbliga l’affidamento degli appalti solo a mezzo di apposite gare a procedura aperta». Nel caso in esame, si è accertato che «non vi è identità di prestazioni» poiché oltre alla «gestione ordinaria del servizio» si bandiva anche un «servizio (…) più complesso di quello che era stato affidato da altre stazioni appaltanti». Il collegio ha chiarito che non intende mettere in discussione l’obbligo per il servizio sanitario di utilizzare gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici Consip o delle Centrali di committenza regionale, ma «il punto rilevante (…) è se il servizio che viene affidato senza gara (…) sia identificabile con quello già messo a gara in altre Asl o si tratti di un servizio con caratteristiche diverse e aggiuntive tali da snaturarne l’essenza in violazione della par condicio e dell’evidenza pubblica», vista la necessaria identità delle prestazioni richieste sul piano tecnico tali da giustificare l’adesione alle convenzioni esistenti.
Il Sole 24 Ore – 1 ottobre 2015