Riformando una precedente decisione del Tar Lazio del 2007, Palazzo Spada accoglie le tesi dell’Omceo di Roma e respinge il ricorso dell’Ordine degli Psicologi del Lazio sulla direzione di una Medicina interna dove era compreso un Sert. Per Lala, presidente dei medici di Roma: “Pronuncia fondamentale, a tutela della salute del paziente”. LA SENTENZA.
Dopo circa otto anni di contenzioso amministrativo, il Consiglio di Stato ha stabilito in via definitiva che soltanto un medico è abilitato a dirigere un’Unità Operativa Complessa di una Asl.
Il Consiglio di Stato, infatti, ha riformato una precedente decisione del Tar Lazio del 2007 (la n. 10538) accogliendo le tesi dell’Ordine di Roma in opposizione a un ricorso dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che aveva impugnato l’avviso pubblico di una Asl per il conferimento di incarico di direttore della propria Uoc per le dipendenze patologiche, afferente all’Area Medica-Medicina Interna e comprendente anche il Ser.T. Oggetto dell’impugnazione: la scelta di riservare la partecipazione alla selezione dell’incarico ai soli medici, senza prevedere anche quella degli psicologi.
Sul lungo contenzioso ha quindi fatto chiarezza la sentenza del Consiglio di Stato, sottolineando che “Non si vede come avrebbe potuto essere affidato un servizio di Medicina Interna, per il solo fatto che vi era ricompreso anche un Ser.T., alla direzione di una professionalità diversa da quella appartenente all’area medica tenuto presente che l’unità operativa di medicina interna era articolata in vari ambulatori e degenze e dunque implicava la somministrazione di cure dirette ai pazienti”.
Una sentenza questa di Palazzo Spada che ha trovato piena soddisfazione da parte dell’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma. “È una pronuncia determinante per la tutela tanto della salute del paziente nel suo complesso – ha commentato Roberto Lala, presidente dei camici bianchi capitolini – quanto della nostra professione. Per alcuni aspetti direi storica per la categoria medica”.
“Da anni l’Ordine di Roma – ha aggiunto Lala – difende la centralità e l’esclusività dell’atto medico dalle numerose invasioni di campo da parte di profili professionali non medici che determinano rischio di minore tutela della salute. Tali profili professionali sono una ricchezza per l’intero sistema sanitario ma ognuno li deve esercitare nell’ambito delle proprie competenze. Questa fondamentale decisione della Magistratura amministrativa va ben oltre il caso specifico – ha concluso il presidente dell’Ordine della Capitale – e traccia un confine ben preciso e invalicabile anche per tutte quelle altre professioni sanitarie non appartenenti all’area medica”.
Quotidiano sanita – 21 gennaio 2014