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Consiglio federale. Lega, poker veneto per il nuovo corso

La Liga prova a emanciparsi da un’egemonia lombarda culminata negli scandali del Cerchio magico e nella rissa distruttiva tra correnti. Nel consiglio federale che affiancherà il nuovo segretario Roberto Maroni, la presenza veneta raddoppierà rispetto alla stagione del Senatur.

Quattro le poltrone disponibili, cinque i candidati: gli assessori regionali Marino Finozzi e Daniele Stival (maroniani), la triumvira vicentina Manuela Dal Lago e una coppia di bossiani-indipendentisti: Gianantonio Da Re sindaco di Vittorio Veneto e Massimo Bitonci, deputato padovano. Grandi manovre, allora, e caccia all’ultimo delegato per centrare il bersaglio e porre un’ipoteca sul nuovo corso del partito. In ballo c’è anche la carica di vicesegretario: i “barbari sognanti” sostengono Flavio Tosi (che in serata è intervenuto rilanciando la linea del federalismo e invocando un mandato pieno per l’amico Bobo), gli avversari oppongono Bitonci: dal gioco dei veti incrociati potrebbe spuntarla il trevigiano Federico Caner, capogruppo in consiglio regionale, abile a destreggiarsi fra le tagliole interne e dotato ormai di un discreto seguito personale. Tant’è. Le trattative tra i colonnelli hanno rubato la scena a una prima giornata congressuale che si è trascinata in tono minore: pochissimi i militanti al forum di Assago («Ma i pullman arriveranno oggi», giurano gli organizzatori) e dibattito che stenta a salire di tono, tra recriminazioni sui misfatti consumati dalla vecchia guardia, onore delle armi al vecchio Umberto, testimonianze arrabbiate di fierezza padana. Il gruppo dirigente veneto arriva in ordine sparso, un occhio agli umori della pleatea, l’altro al futuro organigramma. «Se Maroni ce lo chiederà, siamo pronti a dimetterci dal Parlamento e ad abbandonare la politica romana», fa sapere il trevigiano Gianpaolo Dozzo, capogruppo alla Camera, che raccoglie la suggestione maroniana e immagina un ritorno purificatore al «sindacalismo del territorio» delle origini. «Dobbiamo ritrovare l’unità e caratterizzarci sempre più come forza di difesa dei ceti popolari nordisti oppressi da Monti e dalle banche», fa eco Mara Bizzotto, europarlamentare di Bassano e artefice di una campagna tenace contro il pagamento del canone Rai. Sul palco, intanto, spazio alla mozione pro-case chiuse avanzata, un po’ a sorpresa, dalla veterana Dal Lago: l’idea è di raccogliere firme per abrogare la legge Merlin e regolamentare «i servizi sessuali consenzienti e remunerati tra persone maggiorenni». Da Treviso, lo sceriffo Giancarlo Gentilini – convinto alfiere dei bordelli di Stato – plaudirà di cuore. A seguire, un ordine del giorno che difende la sopravvivenza della Provincia di Belluno, minacciata dai «tecnocrati nemici del Nord». Caner, si diceva: «Riprendiamoci la bandiera dell’onestà e della trasparenza che i grillini ci hanno strappato», il suo appello «e ripartiamo dai nostri sindaci, gente perbene e competente. Basta con le liti, lo dico anche al mio gruppo regionale, il nostro obiettivo è lavorare con Zaia e batterci perché sia rieletto»; poi rivendica i risultati conseguiti – Statuto, regolamento, tagli a stipendi e vitalizi, riduzione dei consiglieri, punge l’eterno nemico Galan che «in quindici anni non ha fatto nulla se non project financing utile solo a chi specula sulla costruzione di ospedali»; a concludere l’invettiva contro «questo Stato maledetto dal quale sogniamo di andarcene». Oggi è iI giorno del giudizio. A presiedere i lavori, in qualità di “garante”, sarà il governatore Luca Zaia. È allergico agli incarichi di partito («I veneti meritano un impegni full time») ma il tam tam che risuona nell’afa di Assago gli assegna un futuro da leader. Con un retropensiero inconfessato: c’è un futuro per la Lega?

Il Mattino di Padova – 1 luglio 2012

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