di Alberto Barbiero, dal Sole 24 Ore. Gli incarichi extraprofessionali affidati a un dirigente pubblico non possono essere ampliati senza specifica autorizzazione espressa e questa non può essere sostituita da prassi di accoglimento informale della comunicazione dell’incaricato. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, con la sentenza n. 170/2015 ricostruisce la ratio dell’articolo 53 del Dlgs 165/2001, evidenziando come l’attribuzione di un incarico professionale a un dipendente di una pubblica amministrazione da parte di altri soggetti pubblici o privati non possa consentire l’ampliamento successivo della stessa attività, senza autorizzazione specifica.
Il caso preso in esame riguarda un dirigente di un’amministrazione territoriale al quale alcune società partecipate hanno affidato nel tempo vari incarichi di collaudo di impianti relativi allo smaltimento dei rifiuti: molti di questi incarichi, originariamente autorizzati, risultano poi ampliati in relazione ad altre attività, per le quali il dirigente non otteneva specifici titoli autorizzatori, invece ritenuti necessari dai magistrati contabili.
Alcuni incarichi, infatti, consistevano nell’estensione di quello originario, sia con riferimento alle attività sia in termini temporali (in un caso con una prestazione che si sviluppa complessivamente in tredici anni).
La decisione
Nella sentenza (che ha condannato il dirigente a pagare alla propria amministrazione poco meno di 300.000 euro) viene evidenziato come in tal caso l’attività di collaudo (conferita con il primo incarico della serie) non abbia più lo stesso oggetto e non costituisca più la stessa obbligazione extra ufficio, bensì altra, con caratteri diversi, e dunque da sottoporre a valutazione dell’Amministrazione per verificarne la compatibilità alla luce del differente impegno.
Gli obblighi di comunicazione
A fronte di questa situazione e degli obblighi di comunicazione a fini autorizzativi prevista dall’articolo 53 del Dlgs 165/2001, la Corte dei conti veneta rileva come il dirigente abbia omesso più volte la richiesta volta a rendere edotta l’Amministrazione circa la percezione di un corrispettivo per un determinato incarico e come questo adempimento non possa essere sostituito dalla trasmissione annuale della dichiarazione dei redditi, nella quale risulta esclusivamente l’importo cumulato dei compensi professionali annuali.
La condotta del dirigente viene quindi a caratterizzarsi per l’omissione qualificata di obblighi comunicativi verso l’Amministrazione, accompagnata, oltre che dalla piena consapevolezza della normativa, da comportamenti particolarmente attivi sul versante del procacciamento e dell’espletamento di incarichi extra-ufficio, con o senza la necessaria autorizzazione.
Procedimento autorizzatorio
Nella sentenza viene evidenziato come l’art. 98 della Costituzione preveda che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, costituendo principio in base al quale il rapporto di pubblico impiego con l’amministrazione pubblica si è storicamente caratterizzato per l’esclusività del servizio, per un rigoroso regime di incompatibilità e per la marginalizzazione di incarichi extra-ufficio, soggetti, salvo peculiari eccezioni (definite specificamente nel comma 6 dell’articolo 53 del Dlgs 165/2001), a necessaria previa autorizzazione da parte del datore di lavoro pubblico.
Al procedimento autorizzatorio la legge assegna la funzione di verificare, nel quadro della complessiva situazione di servizio del dipendente (incarichi già autorizzati in precedenza, assenza di procedimenti disciplinari recenti o note di demerito in relazione all’insufficiente rendimento, livello culturale e professionale del dipendente eccetera), la sussistenza, anche in via solo ipotetica o potenziale, di situazione di conflittualità tra le attività extra-ufficio e le funzioni affidate all’Amministrazione, la compatibilità dell’attività extraistituzionale con i carichi di lavoro nell’ambito dell’Ente pubblico, la loro occasionalità/saltuarietà nonchè la coerenza tra la professionalità posseduta dal dipendente e la natura dell’incarico esterno.
Peraltro la Corte dei conti non riconosce alcuna esimente al dirigente, sia per la sua qualifica sia rilevando che lo stesso aveva piena conoscenza della normativa in materia di attività extraprofessionali (avendo richiesto alcune autorizzazioni per alcun incarichi), nonché dei vari elementi limitativi della stessa.
Non può, quindi, nemmeno essere riconosciuta alcuna prassi di rilascio informale dell’autorizzazione, la quale, oltre a essere contraria alla legge, è smentita dal corposo quadro normativo sia nazionale sia per la stessa amministrazione territoriale.
Il Sole 24 Ore – 28 novembre 2015