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Crisi, dubbi Quirinale e no di Tremonti. Governo nel caos

Varato maxi-emendamento con mini-misure ancora da scrivere. Rabbia contro ministro Economia. Pd e Terzo Polo da Napolitano: via il premier. Scontenti Pdl in azione. Confindustria: Italia in pericolo

E’ caos nel governo dopo che in serata il Consiglio dei ministri straordinario, preceduto ieri mattina da un vertice di governo, ha dovuto rinunciare al decreto anticrisi per le perplessità del Quirinale e l’opposizione di Tremonti, ripiegando su un maxi-emendamento alla legge di Stabilità i cui contenuti sono ancora da scrivere. E oggi Berlusconi dovrebbe presentarsi al G20 con un pacchetto concreto di misure. Il tutto all’indomani del crollo di Piazza Affari che ha perso il 6,8%, delle fibrillazioni nella Ue alla vigilia del G20 e del richiamo del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha chiesto chiede subito misure efficaci. La stessa richiesta avanzata dalle imprese, mentre le opposizioni chiedono un passo indietro del governo.

Berlusconi: «Vado avanti, mi presento davanti al Parlamento e agli italiani traducendo in atti concreti la lettera che ha avuto l’approvazione dell’Ue. E voglio vedere chi avrà il coraggio di venirmi contro, chi sarà così irresponsabile da non appoggiare il governo rispetto a leggi così importanti per il Paese e sulle quali abbiamo preso impegni precisi con l’Europa – aveva detto il premier a Palazzo Grazioli ad Andrea Ronchi, Adolfo Urso e Pippo Scalia – Napolitano ha mostrato un grande equilibrio e si è comportato ancora una volta con me in modo assai affidabile, avendo a cuore il bene del Paese e con grande senso dello Stato. Il suo ragionamento è stato molto corretto». Berlusconi non aveva accennato ad ipotesi di governi tecnici, ribadendo di non avere alcuna intenzione di fare passi indietro e tantomeno di dimettersi. «Io ho fatto tutto ciò che era possibile». Il premier aveva ribadito di voler portare in consiglio di ministri un decreto con le misure più urgenti contenute nella lettera all’Ue, pur senza nascondere «preoccupazione sulla possibilità che fibrillazioni ed eventuali debolezze della maggioranza possano in questo momento nuocere al Paese».

Stop al decreto. Sarà un decreto a contenere le misure anticrisi più importanti in vista del G20, aveva confermato Berlusconi durante l’ufficio di presidenza del Pdl. Tremonti, arrivato al vertice dopo quasi un’ora dall’inizio perchè impegnato in commissione Bilancio al Senato, ha però espresso obiezioni sul decreto, favorevole com’è sempre stato alla via parlamentare. E lasciando il vertice Pdl, il sindaco di Roma Alemanno aveva confermato che la strada preferita era quella del decreto, ma che c’era la contrarietà del Quirinale, per cui si sarebbe ripiegato sul maxi emendamento. Le obiezioni del Colle non riguardano la scelta dello strumento decreto, ma gli effetti politici negativi che il varo di un provvedimento d’urgenza, scritto in modo unilaterale dal governo, avrebbe sugli sforzi che il Quirinale sta facendo per costruire un largo consenso sulle misure necessarie e dovute.

Berlusconi si sarebbe opposto fino alla fine all’idea di mollare il decreto, accusando il ministro dell’Economia di mettere i bastoni tra le ruote anche con il Quirinale: «Se pensa che così faccio un passo indietro – avrebbe detto ai suoi – si sbaglia di grosso, se io cado si va alle elezioni». Alla fine è passata la linea del titolare di via XX Settembre che aveva avuto un lungo colloquio al Quirinale con il presidente della Repubblica, probabilmente anche per fare il punto su questo argomento. Berlusconi non avrebbe nascosto la rabbia per l’atteggiamento di Tremonti finito sul banco degli imputati anche nell’ufficio di presidenza del Pdl. In molti avrebbero puntato l’indice contro Tremonti, accusato di condurre ormai una guerra al Cavaliere con ricadute inevitabili sulla tenuta del governo. Parole pesanti contro Tremonti sarebbero state usate da Renato Brunetta e da Fabrizio Cicchitto, con un discorso molto applaudito. Nonostante la rabbia, Berlusconi è costretto almeno nelle prossime ore a fare buon viso a cattivo gioco. Questo perchè, con il ministro dell’Economia, domani volerà a Cannes dove davanti ai 20 Grandi dovrà difendere l’operato del governo per mettere al sicuro l’Italia dalla crisi economica.

Il Consiglio dei ministri è iniziato alle 20,40 e si è concluso alle 22,15. Approvato un emendamento alla legge di stabilità. In un secondo tempo si procederà anche a fare un decreto ed un disegno di legge con misure contro la crisi. Il ministro Romani ha confermato che non è previsto alcun prelievo sui conti correnti. Il maxiemendamento contiene in realtà poche cose, sul piano delle liberalizzazioni e delle dismissioni.

I contenuti dell’emendamento. Dismissioni degli immobili, con attenzione anche al patrimonio della difesa; misure per favorire con la leva fiscale gli investimenti in infrastrutture pubbliche; norme sul trasporto locale e quelle relative al pubblico impiego. Potrebbero essere queste le misure del maxiemendamento. Il testo non è ancora stato definito nei dettagli. Alcuni tavoli tecnici lavoreranno anche domani per limare le misure. Al termine della riunione sarebbe stato consegnato un testo con le misure che però potrebbe non corrispondere a quello del maxi emendamento. Il termine per gli emendamenti è stato fissato a venerdì dalla commissione Bilancio del Senato. Uno dei nodi è che la legge di Stabilità, così come previsto dalla riforma delle leggi di bilancio, non può essere emendata con qualsiasi tipo di contenuto. In particolare possono essere inserite le sole misure che hanno impatto diretto sui saldi e tra queste non possono figurare misure per lo sviluppo. Potrebbero invece trovare spazio le norme per le dismissioni del patrimonio pubblico, che incidono sul debito; le misure sul trasporto locale, che impattano sui conti degli enti territoriali; le norme per favorire le infrastrutture, che utilizzano la leva fiscale; le norme sul pubblico impiego e sulla pubblica amministrazione, per le quali è previsto un apposito capitolo nella nuova Finanziaria.

Berlusconi tenta il rattoppo. «Domani spiegherò che entro 15 giorni ci sarà la legge che conterrà le prime misure per far fronte alla crisi e rilanciare lo sviluppo. Spiegherò che l’Italia rispetterà gli impegni presi con l’Europa», ha detto Berlusconi in Consiglio dei ministri, spiegando che la lettera di impegni consegnata a Bruxelles sarà divisa in tre provvedimenti: una parte nel maxiemendamento approvato stasera nel Cdm, il resto in un dl e un ddl.

 Disappunto leghista. «Decreto legge alla memoria: quando si calano le braghe bisogna stare molto attenti a coprirsi le spalle perchè svolazzano i temuti uccelli paduli…». Così il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli esprime il suo «totale disappunto» per la mancata approvazione delle misure anticrisi per decreto.

Pd e Terzo polo al Quirinale. Una delegazione del Terzo polo è andata nel pomeriggio al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Presenti il leader e il segretario dell’Udc, Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, il vicepresidente di Fli e il capogruppo alla Camera, Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova, e il leader dell’Api, Francesco Rutelli. A seguire, al Quirinale incontro tra il capo dello Stato e il segretario Pd Pier Luigi Bersani. «Siamo stati chiamati insieme ai capigruppo al Quirinale – ha detto Bersani – e colgo l’occasione per ringraziare il presidente Napolitano per l’attenzione e l’impegno in un momento cruciale per il Paese».

Scontenti Pdl in agitazione. Dopo Pd e Terzo Polo Napolitano ha ricevuto Tremonti. Il segretario del Pdl Angelino Alfano andrà invece domattina al Quirinale, ma ha già annunciato cosa dirà: in questa legislatura c’è solo il governo Berlusconi; siamo aperti alla collaborazione delle opposizione, ma devono confrontarsi con questo governo. Nel frattempo rispunta la lettera dei frondisti del Pdl per chiedere a Berlusconi un cambio di passo e l’allargamento della maggioranza. Sul documento sarebbe partita la raccolta delle firme di parlamentari del Pdl dopo gli incontri tra gli scontenti che si sono svolti questo pomeriggio a Roma. Allo studio dei frondisti ci sarebbe anche un nuovo gruppo parlamentare autonomo dal Popolo della libertà.

Bersani: serve una scossa. Il leader del Pd, al termine del vertice del Pd e prima di salire al Colle, ha detto: «Davanti ai dati preoccupanti di oggi con livelli dello spread che stanno raggiungendo punti insostenibili mi pare che dal governo si veda solo mutismo e disorientamento. C’è l’esigenza assoluta e urgente di un colpo di reni e di una scossa nella politica e nei contenuti per dare una risposta credibile a questa situazione che è il passaggio più difficile per l’Italia dal dopoguerra ad oggi. C’è una preoccupazione molto molto seria, perché con ogni evidenza siamo finiti sul fronte più esposto alla bufera». Bersani si rivolge anche alla maggioranza «perché non è più accettabile la sottovalutazione di quello che sta accadendo, chi sottovaluta la situazione si prende una responsabilità storica».

«Il Pd è pronto ad assumersi le responsabilità in un governo di transizione ed emergenza. Senza discontinuità ogni provvedimento è inutile», ha detto Bersani al termine dell’incontro al Quirinale.

«Ogni sacrificio è inutile senza un passo indietro del presidente del Consiglio – ha detto il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini riferendo quanto detto al capo dello Stato – Ormai è chiaro a tutto il mondo che il problema dell’Italia è innanzitutto la mancanza di credibilità del premier. Noi abbiamo detto al capo dello Stato che, nonostante siamo all’opposizione siamo disponibili a prenderci la nostra dose di responsabilità per i sacrifici ma il problema di Berlusconi esiste e viene immediatamente prima del problema della crescita».

«Serve l’apertura di una fase nuova con un governo in cui le decisioni e le responsabilità siano condivise – dice che il capogruppo alla Camera di Fli, Benedetto Della Vedova – Abbiamo manifestato al Presidente tutta la nostra preoccupazione per la situazione e la disponibilità a farci carico delle responsabilità anche rispetto a misure difficile che andrebbero prese con una fase politica diversa». Viceversa, ha sostenuto l’esponente di Fli «c’è la nostra indisponibilità a sostenere misure che Berlusconi intendesse prendere unilateralmente». Il Terzo Polo si è detto disponibile «sul sentiero tracciato dalla lettera dell’Italia all’Ue a mettersi in gioco con un governo credibile per sostenere, misura in più, misura in meno quanto viene prospettato. Ci vuole però un governo credibile e con una base parlamentare molto ampia altrimenti Berlusconi giocherà da solo la sua partita» continua Della Vedova che ha manifestato la «preoccupazione che Berlusconi voglia affrontare queste settimane con la maggioranza di uno o due voti, con quello che ne consegue in termini di vulnerabilità».

Marcegaglia: Italia in pericolo, servono fatti, no alla patrimoniale. «Il Paese è oggettivamente in una situazione di pericolo – ha detto il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia – Abbiamo chiesto di fare presto e che il governo venga a Cannes al G20 con riforme già approvate e non con una lista di cose da fare. Se il governo non è in grado di approvare alcune riforme già stasera, allora tragga le sue conclusioni». Marcegalia dice no al prelievo forzoso sui conti correnti: «Non serve una tassa straordinaria, meglio allora una tassa ordinaria sui patrimoni o sulla casa per abbassare le tasse su lavoro e imprese. Il prelievo è una misura eccezionale che crea panico».

Di Pietro: paghi la cricca, non il 90% «Mi auguro che alcune delle cose scritte nella lettera alla Bce non si realizzino – dice sul suo blog il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro – Noi le riteniamo macelleria sociale. Vorrei chiarire la posizione dell’Italia dei Valori: questa idea che la lettera di Trichet e Draghi sia il Vangelo, noi la rifiutiamo. Una cosa è far quadrare i conti: lo chiede l’Unione europea e noi siamo d’accordo. Un’altra cosa è che a far quadrare i conti siano sempre i poveri cristi, i pensionati e i lavoratori: su questo noi non siamo d’accordo. A pagare l’emergenza sia quel 10% di italiani che detiene il 60% della ricchezza e non sempre il 90% di italiani che detiene meno del 40%. Io non voglio fare il governo dell’emergenza a tutti i costi. Questa politica europea che vuole risolvere i problemi delle banche e non i problemi dei cittadini a noi non sta bene affatto. Io sono ben felice di dare una mano a un governo istituzionale, a patto che si facciano dei provvedimenti lacrime e sangue per la cricca, come ad esempio la riduzione del 50% dei parlamentari».

«Io non vedo i margini per un governo tecnico – dice Nichi Vendola, leader di Sel e presidente della Regione Puglia – Né governo tecnico né di emergenza perché non c’è un’emergenza: la crisi è di lungo periodo, la crisi strutturale è di sistema, è di modello. Il punto è come cambiamo l’agenda della politica economica e sociale del Paese. Non esiste la possibilità che un tecnico supplisca ai compiti che sono specifici della politica: decidere chi paga i prezzi della crisi non è una questione tecnica ma politica, come decidere di tagliare sul welfare o sulla struttura della ricchezza e delle rendita in questo Paese».

Mercoledì 02 Novembre 2011 – 09:52   Ultimo aggiornamento: Giovedì 03 Novembre – 00:15

Il Messaggero © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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