La proroga dell’iper e del superammortamento è ormai un pilastro sicuro della prossima manovra. Ma nel complicato puzzle della legge di bilancio molte sono le tessere che rischiano di saltare o addirittura di non essere proprio inserite. A cominciare dall’estensione della no tax area, che tanto piace a una parte del Partito democratico ma che per i costi almeno per il momento non rappresenta una priorità dell’Esecutivo. Conti alla mano la misura arriverebbe a costare non meno di 2-2,5 miliardi. E proprio il fattore costi è quello che già lo scorso anno ha indotto il Governo ad accantonare un’analoga proposta.
Anche quest’anno lo scoglio-risorse resta quello più arduo da superare per il Mef. Non a caso, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan pur avendo incassato il sostanziale via libera della Ue alla richiesta di nuova flessibilità per 8,5-9 miliardi ha ribadito più volte che quello su cui si muove il Governo resta «un sentiero stretto». Ed è proprio questo uno dei motivi che hanno indotto Via XX Settembre a stroncare sul nascere il pressing per congelare l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita previsto per il 2019. Un intervento che costerebbe circa 1,2 miliardi. Ma il Pd e, soprattutto , i sindacati non demordono. Cgil, Cisl e Uil sono già tornati alla carica con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dal quale non sono arrivate grandi aperture.
Alla fine l’unico spazio di trattativa che si potrebbe aprire è quello su una deroga per alcune tipologie di lavoro gravoso.
Non molte chance di successo, allo stato attuale, sembra avere l’ipotesi di rafforzare la dote per l’Ape social. Ma l’enorme flusso di domande che ha inondato l’Inps nelle scorse settimane potrebbe indurre il Governo ad ampliare leggermente la platea. La questione sarà probabilmente affrontata dall’Esecutivo con i sindacati nel prossimo round sulle pensioni in calendario già dopodomani. Le scarse risorse disponibili rende impossibile un taglio dell’attuale aliquota fiscale sui fondi pensione che è una delle opzioni contemplate dall’accordo siglato lo scorso anno da Governo e sindacati sulla previdenza per la cosiddetta «fase 2». Un intervento sulla previdenza integrativa è destinato comunque a essere inserito nella prossima manovra. I tecnici di Palazzo Chigi hanno messo a punto un pacchetto di misure per rendere più appetibile la Rita (rendita integrativa temporanea anticipata) svincolandola totalmente dall’Ape ed eliminando il paletto della cessazione del rapporto di lavoro.
Tra le priorità del Governo resta il sostegno e il contrasto alla povertà. Dopo il via libera definitivo della scorsa settimana al provvedimento sul reddito di inclusione, si punta a cercare in manovra una dote aggiuntiva tra 1 e 1,5 miliardi da destinare al fondo per la lotta alla povertà anche con l’obiettivo di estendere la platea dei beneficiari del Rei. Che, però, non va confuso con il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle per il quale necessari anche nella versione light non meno di 4-5 miliardi.
Non molto spazio per irrobustire la dote ipotizzata per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego (1,2 miliardi) e anche per un nuovo pacchetto famiglia dopo quello della legge di bilancio 2017. I centristi di Ap sono, però, intenzionati a insistere e non è escluso che alcune misure mirate possano alla fine trovare posto per la manovra del 2018.
Il Sole 24 Ore – 5 settembre 2017