È Prato la provincia in cui il reddito degli italiani ha sofferto di più la crisi: i 20.188 euro dichiarati in media nel 2016 (anno d’imposta 2015) incorporano un calo del 6,22% a parità di potere d’acquisto rispetto all’anno d’imposta 2007. Seguono, tra le peggiori, le province di Olbia-Tempio (17.162 euro, -5,24%) e Barletta-Andria-Trani (14.720 euro, -4,68%).
I dati – elaborati dal Sole 24 Ore del lunedì partendo dalle statistiche delle Finanze su base comunale – inquadrano l’evoluzione degli importi dichiarati al Fisco nel periodo di maggior sofferenza dell’economia. In due province su tre la variazione del reddito complessivo per contribuente ha il segno negativo, anche se in più di 30 casi le somme dichiarate si sono ridotte di meno dell’1% in termini reali. I cali più consistenti riguardano le zone del Centro-Sud e delle Isole. Ma tra le aree con le variazioni maggiori non mancano alcune zone del Nord, come Como (23.149 euro, -2,97%) e Varese (23.396 euro, -2,31%).
La condizione di partenza non sembra avere un’influenza significativa: province con notevoli differenze di reddito medio 2007 hanno registrato una diminuzione dello stesso ordine di grandezza, e viceversa. È il caso, per esempio, di Siracusa (16.502 euro) e di Monza Brianza (25.060 euro), che segnano entrambe un -2,3 per cento.
Il calo dei contribuenti
A livello nazionale, l’importo medio dichiarato nel 2016 dai contribuenti con un reddito superiore a zero è stato di 20.798 euro, in calo dell’1,32%, che in termini di potere d’acquisto corrispondono a una perdita di 278 euro rispetto ai livelli pre-crisi. Vista così, potrebbe quasi sembrare una perdita accettabile, se si pensa che negli anni di maggiore difficoltà dell’economia il Prodotto interno lordo ha perso quasi il 10% in termini reali (senza considerare l’ultima ripresina, con l’Istat che giovedì scorso ha rivisto la crescita del Pil, dopo il primo trimestre del 2017, a +1,2% su base annua).
Eppure non bisogna cadere in facili ottimismi. Nelle province che hanno visto aumentare l’importo medio per contribuente questo effetto non è il risultato di una crescita del reddito totale dichiarato da tutti gli abitanti, ma dipende da una riduzione del numero dei contribuenti. In pratica, 1,3 milioni di persone non hanno più dichiarato un reddito positivo e sono uscite – per così dire – dalle statistiche, facendo apparire leggermente più benestante il “contribuente medio”, che in molti casi ha continuato a guadagnare più o meno le stesse cifre di prima, soprattutto nel caso dei lavoratori dipendenti e dei pensionati (si veda l’articolo a pagina 3).
La variazione del numero dei contribuenti può valere anche al contrario. L’incremento dei dichiaranti, per esempio, è uno dei motivi del calo reddituale a Prato e può forse attenuarne la portata negativa, nella misura in cui si è allargata la base imponibile, anche se è difficile dire se si tratti di nuove partite Iva o dell’ingresso di nuovi soggetti nel mercato del lavoro regolare (i “contribuenti” monitorati dalle Finanze sono tutti coloro che ricevono redditi certificati da un sostituto d’imposta, a prescindere dalla presentazione del modello 730 o Unico-Redditi).
Il reddito totale
In termini aggregati, il reddito dichiarato al netto dell’inflazione è cresciuto solo nella provincia di Bolzano, mentre nelle altre è diminuito. E dove lo scarto rispetto al numero dei contribuenti è stato più elevato, si nota anche una crescita più sostenuta del valore medio del reddito, che, comunque, solo in 13 province è andata oltre l’1 per cento.
La performance migliore resta quella della provincia di Bolzano (20.869 euro, +3,84%), seguita da quella di Potenza (16.129 euro, +2,82%), che va però letta in parallelo con un calo di oltre il 6% dei contribuenti.
La variabile del sommerso
Non si può escludere che alcuni dei contribuenti spariti agli occhi del Fisco siano scivolati nel lavoro irregolare. Anzi, in alcune aree è proprio l’economia sommersa l’unica variabile a poter spiegare la tenuta dei consumi, nonostante la diminuzione del reddito totale dichiarato, insieme al ricorso al risparmio e al welfare domestico delle famiglie.
Mentre la lunga volata verso la campagna elettorale monopolizza il dibattito politico, la dinamica dei redditi suggerisce, da un lato, l’importanza di misure di sostegno a favore dei redditi bassi (la riforma dell’Irpef o il reddito minimo sono tra le variabili più invocate) e di un effettivo contrasto all’evasione (tema da sempre poco elettorale), così da avvicinare il dato “dichiarato” a quello “reale”.
Il Sole 24 Ore – 5 giugno 2017