Va risarcito il danno per usura psicofisica al dipendente pubblico che per anni ha lavorato anche di domenica senza fruire del riposo compensativo. È quanto affermato dalla sentenza 7/2013 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato in relazione alla domanda risarcitoria proposta da alcuni dipendenti addetti al servizio di trasporto pubblico locale.
Il Consiglio ha chiarito due questioni: la prima attiene a come provare il danno da usura psicofisica del lavoratore; la seconda riguarda il termine di prescrizione. Sulla prima questione si è affermato che il dipendente pubblico che lamenti un danno per aver prestato attività lavorativa sette giorni su sette deve allegare circostanze e documenti (buste paga, statini, istanze e diffide alla pubblica amministrazione di appartenenza) che dimostrino la mancata fruizione del riposo compensativo, protrattasi nel tempo per esigenze aziendali. Non occorre provare che la mancanza del giorno di effettivo riposo gli abbia provocato un danno. L’amministrazione potrà fornire la prova contraria sulle predette circostanze, con la conseguenza che, in loro mancanza, le dichiarazioni del dipendente si considerano non contestate e possono fondare la decisione del giudice (articolo 115 del Codice di procedura civile).
Esistono due tipi di danno: quello biologico consistente in un’infermità cioè nella lesione dell’integrità psicofisica; quello esistenziale consistente nell’alterazione di abitudini, relazioni e scelte di vita. Il danno derivante al dipendente per aver lavorato sette giorni su sette attiene alla sfera esistenziale e il giudice lo desume in base a regole di esperienza, circostanze concrete e al tipo di mansione svolta dal dipendente con il meccanismo delle presunzioni semplici, cioè immediatamente percepibili. In altri termini, il giudice, dallo svolgimento di mansioni che presuppongono un elevato grado di diligenza, come quelle svolte da macchinisti posti alla guida di treni senza godere di riposi compensativi, in modo sistematico nel corso di un decennio, desume il danno esistenziale consistente in una situazione patologica di stress derivante dal mancato recupero delle energie psicofisiche. Ciò in quanto il diritto al riposo settimanale e compensativo, irrinunciabile in base all’articolo 36 della Costituzione, consente al lavoratore di ricostituire le proprie energie psicofisiche e svolgere attività espressione della propria personalità.
La pronuncia chiarisce inoltre che il dipendente può agire per il ristoro di tale danno entro dieci anni dalla più antica festività non goduta, in quanto il danno deriva dall’inadempimento del contratto di lavoro da parte della pubblica amministrazione.
Il Sole 24 Ore – 28 maggio 2013